Per tagliare il prosciutto ci vuole sempre un professionista. Sia se lo tagli a mano che se lo tagli a macchina.
Se il professionista non conosce macchina ruffiana, di sicuro serba un’affilata lama in una custodia dedicata, da cui la sfodera lentamente come una katana. Si arrotola le maniche sugli avambracci allenati, ruota il polso che tiene la lama e con la mano libera accarezza la cotica, in segno di sfida. Con la sinistra afferra imperioso l’osso che spunta dal trespolo e con destrezza inclina il filo d’acciaio in un angolo micidiale, quello e solo quello, che affetta.
Il nipote tecnologico non teme la tradizione e regola il calibro del portentoso marchingegno professionale, la prodigiosa macchina, l’affettatrice. Con un clic preciso accende gli ingranaggi e con fermezza stringe la cotenna, poggiandola con forza sugli aculei acuminati che l’afferrano, affamati. Spinge voluttuoso assaporando il rumore sibilante delle fibre che si separano liberando l’aroma che ci piace, di suino stagionato.
Tutte le sere a San Benedetto al Gazometro, tutte le Benedette Serate.