SABATO 21 MAGGIO 2022
SANTUARIO
“Madonna Madre delle Grazie della MENTORELLA”
Capranica Prenestina (ROMA)
h. 08:15 Appuntamento c/o Ingresso Chiesa
h. 11:00 S. Messa
(Colazione/Pranzo al sacco)
Rientro previsto nel primo pomeriggio
È a disposizione un autobus (32 posti) per raggiungere il Santuario. Per usufruirne occorre prenotarsi presso la parrocchia. Il costo del viaggio è di 20 euro pro capite.
Per Info e Adesioni contattare P. Juraj
06.5740625 o 328.5416150
Preghiera alla Madonna delle Grazie
O beatissima Vergine di Mentorella, nostra amorosissima Madre, decoro di questo sacro monte e faro luminosissimo dei nostri paesi e villaggi che vi fanno corona, riguardate pietosa tutti coloro che vengono a visitarvi in questo Santuario e rivolgete le materne pupille a noi miserabili peccatori, che col cuore contrito prostrati dinanzi alla vostra immagine, imploriamo per mezzo vostro dal Divin Figlio che vi stringete al seno, il perdono dei nostri peccati e l’aumento in noi di ogni piů bella virtů.
O Madre tutta pura, concedeteci che discendiamo questo sacro monte con la pace nel cuore, onde tornati in seno alle nostre famiglie possiamo cantare le vostre glorie e ripeterle un giorno nel Paradiso.
Così sia.
Madonna della Mentorella, Madre delle Grazie, prega per noi.
STORIA E LEGGENDA
Il complesso degli edifici che costituiscono il Santuario della Mentorella è dato dalla Chiesa, il Monastero, la Scala Santa, la Grotta di San Benedetto, la Cappellina del Miracolo, il Cimitero.
La leggenda intorno alla nascita della chiesa è, come accade spesso, intrecciata alla realtà storica dell’epoca e si arricchisce di fascino e mistero.
La chiesa, dedicata alla Beata Vergine, si dice che sia stata edificata dall’imperatore Costantino Il Grande (274-337) e consacrata da papa Silvestro I (…-335).
Il nome Mentorella ha, secondo gli studiosi, diverse origini, tra cui riportiamo le due più plausibili: dalla Torre Morella, fortilizio alto medioevale non più esistente; dal generale goto Wult, che convertitosi al Cristianesimo a Montecassino si ritirò successivamente in questo sito, che da lui trasse il nome il Wultvilla, volgarizzato, attraverso vari passaggi (Vultvilla, Vultuilla), in Vulturella e poi Mentorella.
La storia del sito si accompagna con quella di Guadagnolo; il Santuario fu proprietà dei Monaci di Subiaco fino al tardo secolo XVI, quando lo lasciarono e ad essi subentrarono i Gesuiti. A questo ordine appartenne fino al 1879 e poi, dopo alterne vicende, di nuovo ai Benedettini, finché nel 1857 il papa Pio IX (1792-1878) non lo concesse ai Padri Resurrezionisti Polacchi, ai quali ancora oggi appartiene.
Già nel XIII secolo, Claro (1219-1248) vescovo di Tivoli lamentava le cattive condizioni in cui versava il Santuario, pregando i fedeli di provvedere al suo decoroso mantenimento con somme di denaro. Nel 1390 risulta tra l’altro che la chiesa e il convento vennero di fatto abbandonati, forse per un breve periodo.
Il grande rinnovamento del complesso monastico si ebbe nel XVII secolo, ad opera del gesuita Atanasio Kircher (1602-1680), che dal 1660, con l’aiuto economico dell’imperatore Leopoldo I d’Austria e di molti altri principi tedeschi, restaurò la chiesa e il convento e l’abbellì di molte immagini dipinte. Tra queste, di un certo interesse, sono la decorazione della cappella di S. Silvestro, la prima a destra, con storie relative al Santo affrescate dal pittore Antonio Rosati da Vicovaro (1636-1683) e le storie di S. Eustachio (I – II sec.) nella cappellina omonima, ovvero del Miracolo, che sorge sulla rupe che sovrasta la chiesa.
Padre Atanasio Kircher fu anche un insigne studioso del luogo; a lui si deve una Historia Eustachio-Mariana edita nel 1665, in cui si narrano le origini e le vicende storiche relative al Santuario. Fin dal 1664, il Kircher stabilì di solennizzare la festività annuale il 29 settembre.
Ancora oggi il Santuario della Mentorella, il più antico santuario mariano d’Italia e forse d’Europa, è meta abituale di fedeli, che salgono a deporre le loro preghiere ai piedi della Vergine.
La facciata della chiesa mostra una grande semplicità architettonica. è adornata da due finestrelle e nel mezzo, sopra il portale d’ingresso, si apre un ovale, con pilastrini a raggiera sormontati da un archivolto a sesto acuto, impostato su capitelli di piccole colonne pensili. L’interno è a tre navate e la travatura è scoperta. La navata centrale è più alta e vasta delle laterali, divise tra loro da grandi archi a sesto acuto, schiacciati e larghi, sorretti da grossi pilastri rettangolari. Un grande arco separa la navata di mezzo dal presbiterio. Le navate laterali terminano con due piccole cappelle. Nel mezzo del presbiterio si eleva un grande ciborio, che posa su un grande altare marmoreo di costruzione moderna. Quattro esili colonne coronate da capitelli di semplice fattura sorreggono un architrave quadrilatero. Su questo un attico poligonale ad un piano, composto di piccole colonne, sorregge la cupola a forma di piramide ottagona, sormontata dalla lanterna e dalla croce (XIII sec.).
Nel ciborio è racchiusa la statua della Vergine, in legno, alquanto più piccola del naturale. Essa è seduta in cattedra, nell’atto di sorreggere sul ginocchio sinistro Gesù, che la guarda teneramente e l’abbraccia. L’opera deve essere attribuita ad una bottega romana del secolo XII. Su una parete della piccola cappella a sinistra del coro è appesa una tavola di quercia a due ante. La parte superiore è decorata da intagli, quella inferiore da piccoli alveoli. Il bassorilievo della parte superiore si divide in due composizioni. In una è rappresentato l’interno di un tempio, dove si svolge una solenne cerimonia religiosa: innanzi ad un altare cubico, il pontefice Silvestro I compie la cerimonia della consacrazione della chiesa; vi assistono un diacono e due accoliti. Nel paliotto dell’altare si legge la data della consacrazione: 23 ottobre. Nell’altra parte del bassorilievo è rappresentato il cervo con l’immagine di Cristo fra le corna e vi è inciso il nome dell’intagliatore: Guilielmus. Le due tavole, ora sovrapposte, sembra che facessero parte di un altare (XII sec.).