Pubblichiamo la Relazione sul cammino sinodale della Diocesi di Roma che l’équipe sinodale diocesana ha elaborato sintetizzando le relazioni pervenute da tutte le parrocchie di Roma tra le quali anche la nostra Parrocchia di San Benedetto (la nostra équipe ha inviato la relazione entro il 31 marzo 2022 come richiesto). Tale relazione è stata inviata alla CEI, come quelle di tutte le diocesi italiane.
Sintesi_finale_del_cammino_sinodale_nella_diocesi_di_Roma
Il verbo “ripartire” è quello che meglio racchiude e sintetizza quanto emerso dalle attività di ascolto svolte nella diocesi di Roma, su più fronti e a più livelli, a partire dallo scorso ottobre in occasione del cammino sinodale della Chiesa italiana. «Non è stato semplice discernere e mettere insieme quello che abbiamo ritenuto maggiormente significativo – spiegano dall’équipe sinodale diocesana, che proprio in virtù dell’esperienza di sinodalità vissuta nel proprio lavoro di redazione di un documento di sintesi vuole coerentemente presentare i risultati di questa prima parte di attività in modo corale –. Sicuramente anche questo lavoro risulterà ancora mancante eppure il risultato è già sentirci ad un punto di ri-partenza», perché «sentiamo che lo Spirito ci ha dato uno “scossone”, ci ha riaperto l’orecchio, rilevando la sete di tanti nell’essere veramente ascoltati».
L’ascolto vissuto nelle diverse realtà coinvolte – dalle scuole alle carceri, dagli ospedali alle comunità etniche – e nelle parrocchie romane, che nella quasi totalità hanno attivato processi di ascolto e per il 40% hanno già restituito i risultati di quanto vissuto, ha fatto emergere «il dato di una grande crisi di fede sia fuori che dentro la Chiesa – sono ancora le parole degli incaricati diocesani –, ma grida più forte il desiderio di abitare il cambiamento d’epoca da testimoni di Cristo risorto, per ripartire dalla perenne novità della Pasqua, non temendo di metterci in dialogo e in discussione, consapevoli che il “camminare insieme” è lo stile della Chiesa, ricordando che la Via, la Verità e la Vita è Cristo stesso». A seguire, c’è l’evidenza di un «desiderio di umiltà e di comunità – fanno sapere i membri dell’équipe – e, ancora, l’esperienza del cammino ha aiutato le comunità a spostare l’attenzione dall’ “io” al “noi” e agli “altri” attraverso incontri concreti, personali, autentici e paritari». Pur nella gioia generale della condivisione «si è notata anche qualche fatica – sono ancora le considerazioni degli incaricati diocesani –, come la difficoltà a coinvolgere chi solitamente non frequenta la Chiesa, specialmente i più giovani, e a superare la logica del gruppo per vivere invece un percorso comunitario».
La sintesi prodotta (e fatta pervenire alla Cei), lungi «dal fornire un mero dato sociologico esprime piuttosto cosa il popolo di Dio ci sta dicendo, dai desideri alle criticità, ed è il frutto di un processo spirituale – sono le parole dei referenti dell’équipe sinodale diocesana –, rappresenta il risultato di un’attività di concordia: mettere insieme davvero ciò che passa dal cuore delle persone, che è dove parla lo Spirito Santo». Una considerazione importante nasce infatti «dalla constatazione che chi si è messo in gioco e ha preso davvero parte a questo cammino condiviso della Chiesa si è riunito dapprima intorno alla Parola per favorire poi un confronto spirituale – spiegano –. Questa è una novità sicuramente da incentivare e da imparare a vivere come stile», dato che «quando la Chiesa ascolta se stessa, ascolta ciò che lo Spirito Santo vuole comunicare». Non a caso «qualcuno avverte la necessità di imparare l’arte del discernimento per comprendere se alcune delle cose emerse siano effettivamente frutto dello Spirito che parla o di ideologie dettate dallo spirito del mondo», fanno sapere ancora i membri dell’équipe.
Da un punto di vista metodologico, gli incaricati diocesani evidenziano infine di aver «cercato di fare emergere i nuclei tematici più ricorrenti, scegliendo quelli che più risuonavano nelle risposte e nei contributi forniti», privilegiando «il sentire comune e la voce diretta delle persone, riportando spesso i loro virgolettati, anche a costo di sacrificare la forma linguistica», perché la sintesi prodotta «non è un testo teologico né accademico ma la tessitura delle voci della gente e non solo dei pastori ma di tutti, senza più neanche la distinzione tra “ad intra” e “ad extra”».