Questa memoria Mariana di origine devozionale si collega con la vittoria di Lepanto (1571), che arrestò la grande espansione dell’impero ottomano. San Pio V attribuì quello storico evento alla preghiera che il popolo cristiano aveva indirizzato alla Vergine nella forma del Rosario. Secondo quanto narra la tradizione, c’è una speciale protezione mariana per tutti coloro che lo recitano devotamente, la garanzia che i fedeli non moriranno senza sacramenti, l’assicurazione che quanti propagheranno il Rosario verranno soccorsi dalla Madonna in ogni loro necessità.
Preghiere alla Beata Vergine Maria del Rosario
Etimologia: Maria = amata da Dio, dall’egiziano; signora, dall’ebraico
Martirologio Romano: Memoria della beata Maria Vergine del Rosario: in questo giorno con la preghiera del Rosario o corona mariana si invoca la protezione della santa Madre di Dio per meditare sui misteri di Cristo, sotto la guida di lei, che fu associata in modo tutto speciale all’incarnazione, passione e risurrezione del Figlio di Dio.
APPROFONDIMENTO
Nel 1212 san Domenico di Guzman, durante la sua permanenza a Tolosa, vide la Vergine Maria che gli consegnò il Rosario, come risposta ad una sua preghiera, a Lei rivolta, per sapere come combattere l’eresia albigese.
Fu così che il Santo Rosario divenne l’orazione più diffusa per contrastare le eresie e fu l’arma determinante per vincere i musulmani a Lepanto. Come già per Poitiers (ottobre 732) e poi sarà per Vienna (settembre 1683), la battaglia di Lepanto fu fondamentale per arrestare l’avanzata dei musulmani in Europa. E tutte e tre le vittorie vennero imputate, oltre al valore dei combattenti, anche e soprattutto all’intervento divino.
La battaglia navale di Lepanto si svolse nel corso della guerra di Cipro. Era il 7 ottobre 1571 quando le flotte musulmane dell’Impero ottomano si scontrarono con quelle cristiane della Lega Santa, che riuniva le forze navali della Repubblica di Venezia, dell’Impero spagnolo (con il Regno di Napoli e di Sicilia), dello Stato Pontificio, della Repubblica di Genova, dei Cavalieri di Malta, del Ducato di Savoia, del Granducato di Toscana e del Ducato di Urbino, federate sotto le insegne pontificie. Dell’alleanza cristiana faceva parte anche la Repubblica di Lucca, che pur non avendo navi coinvolte nello scontro, concorse con denaro e materiali all’armamento della flotta genovese.
Prima della partenza della Lega Santa per gli scenari di guerra, san Pio V benedisse lo stendardo raffigurante, su fondo rosso, il Crocifisso posto fra gli apostoli Pietro e Paolo e sormontato dal motto costantiniano In hoc signo vinces. Tale simbolo, insieme con l’immagine della Madonna e la scritta S. Maria succurre miseris, issato sulla nave ammiraglia Real, sarà l’unico a sventolare in tutto lo schieramento cristiano quando, alle grida di guerra e ai primi attacchi turchi, i militi si uniranno in una preghiera accorata. Mentre si moriva per Cristo, per la Chiesa e per la Patria, si recitava il Santo Rosario: e i prigionieri remavano ritmando il tempo con le decine dei misteri. L’annuncio della vittoria giungerà a Roma 23 giorni dopo, portato da messaggeri del Principe Colonna. Il trionfo fu attribuito all’intercessione della Vergine Maria, tanto che san Pio V, nel 1572, istituì la festa di Santa Maria della Vittoria, trasformata da Gregorio XIII in «Madonna del Rosario».Comandante generale della flotta cristiana era Don Giovanni d’Austria di 24 anni, figlio illegittimo del defunto Imperatore Carlo V e fratellastro del regnante Filippo II. Al fianco della sua nave Real erano schierate: la Capitana di Sebastiano Venier, capitano generale veneziano; la Capitana di Sua Santità di Marcantonio Colonna, ammiraglio pontificio; la Capitana di Ettore Spinola, capitano generale genovese; la Capitana di Andrea Provana di Leinì, capitano generale piemontese; l’ammiraglia Vittoria del priore Piero Giustiniani, capitano generale dei Cavalieri di Malta. In totale, la Lega schierò una flotta di 6 galeazze e circa 204 galere. A bordo erano imbarcati non meno di 36.000 combattenti, tra soldati, venturieri e marinai.
A questi si aggiungevano circa 30.000 galeotti rematori. Comandante supremo dello schieramento ottomano era Müezzinzade Alì Pascià. La flotta turca, munita di minore artiglieria rispetto a quella cristiana, possedeva 170-180 galere e 20 o 30 galeotte, cui si aggiungeva un imprecisato numero di fuste e brigantini corsari. La forza combattente, comprensiva di giannizzeri, ammontava a circa 20-25.000 uomini. L’ammiraglio, considerato il migliore comandante ottomano, Uluč Alì, era un apostata di origini calabresi, convertitosi all’Islam. Alì Pascià si trovava a bordo dell’ammiraglia Sultana, sulla quale sventolava un vessillo verde, dove era stato scritto, a caratteri d’oro, 28.900 volte il nome di Allah.
Per questo san Pio V, Papa mariano e domenicano, affidò a Maria Santissima le armate ed i destini dell’Occidente e della Cristianità, minacciati dai musulmani.
Da allora in poi si utilizzò ufficialmente il titolo di Auxilium Christianorum, titolo che non sembra doversi attribuire direttamente al Pontefice, ma ai reduci vittoriosi, che ritornando dalla guerra passarono per Loreto a ringraziare la Madonna.
I forzati che erano stati messi ai banchi dei remi furono liberati: sbarcarono a Porto Recanati e salirono in processione alla Santa Casa, dove offrirono le loro catene alla Madonna; con esse furono costruite le cancellate poi poste agli altari delle cappelle. Lo stendardo della flotta fu donato alla chiesa di Maria Vergine a Gaeta, dove è tuttora conservato e che attende di essere ancora issato nei cuori di coloro che si professano cristiani e vogliono difendere le proprie radici.In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: “Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te”.
A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: “Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. 32Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre 33e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine”. Allora Maria disse all’angelo: “Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?”. Le rispose l’angelo: “Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio”. Allora Maria disse: “Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola”. E l’angelo si allontanò da lei (Lc 1,26-38).
Stupore
La liturgia ci pone oggi alla scuola di Maria, discepola prediletta del Signore Gesù. Da lei oggi, alla luce della parola del Vangelo, impariamo “lo stupore”, la disponibilità a lasciarsi meravigliare da Dio. Lei diventa Madre pur vergine, ed Elisabetta ormai al sesto mese, pur anziana (Lc 1,36). Lo stupore permette a Maria di lasciare fare a Dio, e questa disponibilità le permetterà di far sbocciare in lei l’Atteso delle genti.
Questo primo atteggiamento di Maria insegna a noi oggi, nella festa della Madonna del Rosario, a saperci affidare all’intercessione della Vergine Madre, con la recita del santo Rosario. Ciò che può apparire umanamente impossibile alle sole nostre forze umane, anche attraverso la grazia di Maria ogni battaglia della vita, sia essa interiore o esteriore, può essere vinta.
Volgere lo sguardo verso l’alto
Accanto allo stupore, Maria oggi c’insegna a volgere lo sguardo verso l’alto. A fidarci e affidarci al Signore. Un gesto attraverso il quale riconosciamo di non potercela fare da soli; che non siamo artefici del nostro destino, e che abbiamo bisogno gli uni degli altri e, insieme, abbiamo bisogno di Dio. Il Signore non ci lascia mai soli, ce lo ha promesso, ma siamo noi che dobbiamo crederci per primi, cominciando dal distaccare lo sguardo dalle sole cose della terra, imparando a fissarlo verso il cielo, da dove ci viene l’aiuto (cfr Sal 121).
Affidarci alla preghiera del santo rosario è il segno attraverso il quale riconosciamo che Dio agisce in noi e attorno a noi e per intercessione di Maria possiamo coltivare una “misura alta della vita”. Credere è proprio dar credito a Chi tutto può; accogliere il suo aiuto, riconoscendo che non tutto possiamo fare da soli; fidarsi di Lui anche quando i suoi disegni non corrispondono ai nostri, fino ad offrirsi con fiducia: “Ecco, sono la serva del Signore. Avvenga di me secondo la tua parola”.
Il tempo di Dio e il tempo degli uomini
Un terzo insegnamento che attingiamo da questa pagina evangelica, è imparare da Maria e con Maria a fidarci del tempo di Dio. Tempo fatto anche di silenzio, di attesa, di pazienza. Noi, che viviamo il tempo del “tutto e subito”. C’è il “kronos”, il tempo degli uomini, ritmato dalle ore, dal fare quotidiano. È il tempo in cui si consuma il tempo in modo vorace, superficiale, frettoloso. Una sorta di “usa e getta”. Poi c’è “kairos”, il “momento giusto, opportuno”, il momento dell’occasione, capace di qualificare ogni attimo. È il tempo che gusta col tempo, che chiede di andare a fondo nelle cose affinché portino frutto a tempo debito. È il vivere con qualità ogni incontro, ogni esperienza, perché è il tempo dell’amore, dell’ascolto, dell’attenzione all’altro. È il tempo in cui ciascuno non si lascia vivere, ma fa le sue scelte, coglie le occasioni che vengono date per crescere, sapendole creare e ricreare, pur che diano senso all’esistere. Questo è il tempo in cui vivere è dove vivere è amare. Maria ci educa a questo tempo. C’insegna a lasciarci decantare da questo ritmo frenetico della vita, per scoprire e assaporare le cose di Dio.
Sotto la tua protezione troviamo rifugio,
Santa Madre di Dio: non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova, e liberaci da ogni pericolo, o Vergine gloriosa e benedetta.