02 Febbraio 2023 Festa della Presentazione del Signore

La scena della Presentazione di Gesù al Tempio contiene un carattere “epico”: in essa le generazioni s’incontrano e tutto esprime la grandezza del messaggio portato dal Figlio di Dio in mezzo agli uomini. Un gesto storico che trascende la storia e illumina il cuore del tempo degli uomini. In questo frammento di Vangelo, insomma, scorgiamo le vette verso cui è chiamato ogni battezzato e comprendiamo il vero senso della santità cristiana: saper condurre e offrire a Dio il mondo.

PREGHIERE  NELLA FESTA DELLA PRESENTAZIONE DEL SIGNORE

E, proprio come fu per la Presentazione del Signore, anche la via della santità è fatta d’impegno, di ossequio alla tradizione ma anche di novità, di stravolgimento radicale dell’esistenza. Vivere così significa esprimere la trascendenza e quindi diventare testimoni in grado di affascinare e “convertire”: perché il Vangelo non è solo “mito” è eroicità vissuta nel quotidiano.

Martirologio Romano: Festa della Presentazione del Signore, dai Greci chiamata Ipapánte: quaranta giorni dopo il Natale del Signore, Gesù fu condotto da Maria e Giuseppe al Tempio, sia per adempiere la legge mosaica, sia soprattutto per incontrare il suo popolo credente ed esultante, luce per illuminare le genti e gloria del suo popolo Israele.

APPROFONDIMENTO

La festività odierna, di cui abbiamo la prima testimonianza nel secolo IV a Gerusalemme, venne denominata fino alla recente riforma del calendario festa della Purificazione della SS. Vergine Maria, in ricordo del momento della storia della sacra Famiglia, narrato al capitolo 2 del Vangelo di Luca, in cui Maria, in ottemperanza alla legge, si recò al Tempio di Gerusalemme, quaranta giorni dopo la nascita di Gesù, per offrire il suo primogenito e compiere il rito legale della sua purificazione. La riforma liturgica del 1960 ha restituito alla celebrazione il titolo di “presentazione del Signore”, che aveva in origine. L’offerta di Gesù al Padre, compiuta nel Tempio, prelude alla sua offerta sacrificale sulla croce.
Questo atto di obbedienza a un rito legale, al compimento del quale né Gesù né Maria erano tenuti, costituisce pure una lezione di umiltà, a coronamento dell’annuale meditazione sul grande mistero natalizio, in cui il Figlio di Dio e la sua divina Madre ci si presentano nella commovente ma mortificante cornice del presepio, vale a dire nell’estrema povertà dei baraccati, nella precaria esistenza degli sfollati e dei perseguitati, quindi degli esuli.
L’incontro del Signore con Simeone e Anna nel Tempio accentua l’aspetto sacrificale della celebrazione e la comunione personale di Maria col sacrificio di Cristo, poiché quaranta giorni dopo la sua divina maternità la profezia di Simeone le fa intravedere le prospettive della sua sofferenza: “Una spada ti trafiggerà l’anima”: Maria, grazie alla sua intima unione con la persona di Cristo, viene associata al sacrificio del Figlio. Non stupisce quindi che alla festa odierna si sia dato un tempo tale risalto da indurre l’imperatore Giustiniano a decretare il 2 febbraio giorno festivo in tutto l’impero d’Oriente.
Roma adottò la festività verso la metà del VII secolo; papa Sergio I (687-701) istituì la più antica delle processioni penitenziali romane, che partiva dalla chiesa di S. Adriano al Foro e si concludeva a S. Maria Maggiore. Il rito della benedizione delle candele, di cui si ha testimonianza già nel X secolo, si ispira alle parole di Simeone: “I miei occhi han visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli, luce per illuminare le genti”. Da questo significativo rito è derivato il nome popolare di festa della “candelora”. La notizia data già da Beda il Venerabile, secondo la quale la processione sarebbe un contrapposto alla processione dei Lupercalia dei Romani, e una riparazione alle sfrenatezza che avvenivano in tale circostanza, non trova conferma nella storia.

Quaranta giorni dopo il Natale, la Chiesa celebra la festa della Presentazione del Signore, evento di cui parla l’evangelista Luca al capitolo 2. In Oriente la celebrazione di questa festa risale al IV secolo e dal 450 viene chiamata “Festa dell’Incontro”, perché Gesù “incontra” il tempio e i suoi sacerdoti, ma anche Simeone e Anna, figure del popolo di Dio. Intorno alla metà del V secolo, la festa la troviamo anche a Roma. Nel tempo, si aggiungerà a questa festa la benedizione delle candele, a richiamare Gesù “Luce delle genti”.

Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, Maria e Giuseppe portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore – com’era scritto nella legge del Signore: “Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore” – e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge. Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirto Santo era su di lui … Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo: “Ora puoi lasciare, Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli: luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele” (cfr Lc 2,22-40).

L’offerta

Secondo la legge di Mosè il maschio primogenito era proprietà del Signore ed era destinato al servizio del tempio. Quando più tardi i discendenti di Levi, i leviti, ebbero assunto il servizio del tempio, questa prescrizione decadde, ma il primogenito doveva essere riscattato con un’offerta in denaro per il mantenimento del sacerdote.

L’incontro con Simeone

“Mosso dallo Spirito, si recò al tempio”. Un particolare che va evidenziato, è che Simeone si muove per ispirazione dello Spirito Santo e così si spiega il “riconoscimento” di Gesù, quale l’Atteso, la luce delle genti. Una Luce di fronte alla quale si dovrà prendere posizione: “Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo…eppure il mondo non lo ha riconosciuto” (Gv 1,9-10).

Una spada trafiggerà l’anima

Simeone benedice entrambi i genitori, ma le parole sono rivolte solo alla madre. Il bambino sarà segno di contraddizione: Gesù è la luce del mondo, ma sarà rifiutata; Gesù sarà ammirato e amato, ma verrà crocifisso, sconfitto; muore e risorge. Un cammino di contraddizione, che segnerà il cuore della Madre.

L’incontro con Anna

Giunge al tempio anche la profetessa Anna. Dai dettagli dell’evangelista, si evince quanto anche lei sia una donna di Dio. Molto anziana, vedova. Il suo essere “profetessa” le permette di scorgere quanto gli altri faticano a scorgere: la presenza di Dio. Lei sa andare oltre l’apparenza e vede nel Bimbo l’Atteso delle genti.

Lo stupore

L’età media al tempo di Gesù era di circa 40 anni. Di Simeone e Anna si dice che erano “vecchi”. Di solito l’anziano vive di memorie, di nostalgie dei tempi passati, mentre i giovani vivono di speranze, guardano avanti. In questo caso ci troviamo di fronte a due anziani che di fronte al Bambino guardano avanti, attendono, si meravigliano. Cantano la gioia e la speranza. Dettagli che fanno capire quanto sono giovani nel cuore, perché è un cuore abitato da Dio e dalle sue promesse: e Dio non delude.

Profeti

In questa “visione” siamo coinvolti anche noi. Perché quanti accettano di vivere il vangelo sono e saranno segno di contraddizione. Il prendere posizione davanti al Signore Gesù, Luce delle genti, chiede coraggio, ma ancor più chiede prima di tutto l’essere “di Dio”, come Simeone e Anna. Chiede inoltre la consapevolezza del non aver sempre tutto chiaro, così come per Giuseppe e Maria, i quali si “stupivano” di quanto veniva detto e, successivamente, sappiamo che di fronte a questa fatica Maria “custodiva e meditava”.

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