03 Maggio 2023 Festa dei Santi Filippo e Giacomo il Minore Apostoli

Gli apostoli Filippo e Giacomo il minore vengono ricordati lo stesso giorno poichè le loro reliquie furono deposte insieme nella chiesa dei Dodici Apostoli a Roma.
Filippo (primo secolo) era originario della città di Betsaida, la stessa degli apostoli Pietro e Andrea. Discepolo di Giovanni Battista, fu tra i primi a seguire Gesù e, secondo la tradizione, evangelizzò gli Sciti e i Parti.
Giacomo (primo secolo) era figlio di Alfeo e cugino di Gesù. Ebbe un ruolo importante nel concilio di Gerusalemme (50 circa) divenendo capo della Chiesa della città alla morte di Giacomo il Maggiore. Scrisse la prima delle Lettere Cattoliche del Nuovo Testamento. Secondo Giuseppe Flavio (37 circa – 103) fu lapidato tra il 62 e il 66. Tuttavia l’attendibilità del racconto è dubbia.

Preghiere ai Santi Filippo e Giacomo Apostoli

APPROFONDIMENTO

San Filippo Apostolo

Palestina, I secolo d.C.

Filippo, nato a Betsaida, fu tra i primi ad essere chiamato da Gesù. Spesso confuso con il diacono Filippo, al di là delle notizie forniteci dal quarto Vangelo, la tradizione e su di lui non è sempre concorde. Sicuramente evangelizzò, sotto Domiziano, la Frigia, dove sembra sia morto crocifisso a testa in giù.

Etimologia: Filippo = che ama i cavalli, dal greco

Emblema: Croce, Pani e pesci

Martirologio Romano: Festa dei santi Filippo e Giacomo, Apostoli. Filippo, nato a Betsaida come Pietro e Andrea e divenuto discepolo di Giovanni Battista, fu chiamato dal Signore perché lo seguisse; Giacomo, figlio di Alfeo, detto il Giusto, ritenuto dai Latini fratello del Signore, resse per primo la Chiesa di Gerusalemme e, durante la controversia sulla circoncisione, aderì alla proposta di Pietro di non imporre quell’antico giogo ai discepoli convertiti dal paganesimo, coronando, infine, il suo apostolato con il martirio.

Ricordato il giorno tre maggio insieme a Giacomo il minore, in quanto le loro reliquie furono deposte insieme nella chiesa dei Dodici apostoli a Roma, l’apostolo Filippo, sin dai primi secoli ha goduto di una particolare attenzione sia per quanto dice o si intuisce di lui nei Vangeli canonici, sia per le molteplici fonti apocrife che lo menzionano e le leggende che man mano lo hanno avvolto.
Filippo, pescatore di Betsaida, in Galilea, fu fra i primi ad essere chiamato da Gesù vicino a sé; conosciamo la sua immediata risposta alla chiamata di Gesù dall’entusiasmo con il quale comunica subito l’incontro a Natanaele: “Vieni e vedi”, così lo invita, rispondendo alla sua incredula reazione (Gv 1, 43 ss.). Giovanni lo cita in diversi episodi: prima della moltiplicazione dei pani, quando Gesù “per metterlo alla prova” chiede a Filippo dove poter provvedere il pane per sfamare tanta gente (Gv 6, 5-6); dopo l’ingresso messianico a Gerusalemme è a Filippo che si rivolgono alcuni greci che vogliono vedere Gesù (Gv 12, 20-22) ed è Filippo stesso che durante l’Ultima Cena chiede al Maestro di mostrare loro il Padre (Gv 14, 8) a testimonianza che solo per il dono dello Spirito dopo la Risurrezione gli apostoli comprenderanno la verità di Gesù, Cristo, Figlio di Dio e la missione loro affidata. Le altre notizie che si hanno di Filippo sono avvolte dalla leggenda ma sono degne di considerazione per il grande interesse che da subito si ebbe verso di lui.
È comunque probabile che, dopo la Pentecoste, Filippo abbia attraversato l’Asia Minore spingendosi fino alla Scizia (dalle parti dell’attuale Ucraina) e poi nella Frigia (nell’attuale Turchia asiatica), nella cui capitale, Gerapoli, sarebbe stato martirizzato su una croce decussata, cioè a forma di X e con la testa all’ingiù, ma qui le fonte divergono alquanto.
Secondo alcune fonti apocrife, poi riprese nella Legenda Aurea di Jacopo da Varagine, Filippo avrebbe evangelizzato per vent’anni la Scizia, a fianco delle sue due figlie vergini che portava sempre con sé. Un giorno l’apostolo venne catturato da alcuni pagani, i quali lo trascinarono nel tempio di Marte e lo costrinsero a sacrificare alla statua del dio, ma in quello stesso istante il piedistallo della statua si sgretolò e dalla cavità uscì un drago che si avventò sul figlio del sacerdote che stava preparando il fuoco per il sacrificio e lo uccise con il suo alito venefico, e insieme a lui anche due tribuni, avvelenando molti degli astanti con il suo alito pestilenziale; allora Filippo scacciò il drago e resuscitò coloro che erano stati uccisi dal demonio, guarendo infine gli ammalati a causa delle sue esalazioni pestifere.

Filippo giunse a Hierapolis ,città sacra ad Apollo e sede di un oracolo molto importante nell’antichità, nella regione della Frigia, dove convertì molti al cristianesimo, perfino la moglie del proconsole. Il quale, adirato, lo fece inchiodare a un albero a testa in giù, come rappresentato nell’iconografia tradizionale. Dopo la sua morte fu lì seppellito.
Molti viaggiatori e religiosi dei secoli successivi, tra i quali Eusebio di Cesarea, citano nei loro scritti la tomba dell’apostolo guaritore. Policrate di Efeso, vescovo di Efeso nella seconda metà del II secolo, scrisse, in una lettera indirizzata a papa Vittore I, il seguente passo : « Filippo, uno dei dodici apostoli, riposa a Hierapolis con due sue figlie che si serbarono vergini tutta la vita, mentre la terza, vissuta nello Spirito Santo, è sepolta a Efeso».
La dimora eterna dell’apostolo divenne meta di venerazione; a un certo punto le spoglie di Filippo furono traslate a Costantinopoli e poi a Roma; benché la città di Hierapolis, sconvolta da più terremoti, finisse per esser abbandonata, il pellegrinaggio si mantenne per tutto il Medioevo. Nel 1190 Federico Barbarossa fece sfilare l’armata dei crociati all’interno della città in rovina per celebrare la memoria dell’apostolo.
Papa Benedetto XVI nell’udienza del 6 settembre 2006 in cui parla di San Filippo, cosi termina: “Vogliamo concludere la nostra riflessione richiamando lo scopo cui deve tendere la nostra vita: incontrare Gesù come lo incontrò Filippo, cercando di vedere in lui Dio stesso, il Padre celeste. Se questo impegno mancasse, verremmo rimandati sempre solo a noi come in uno specchio, e saremmo sempre più soli! Filippo invece ci insegna a lasciarci conquistare da Gesù, a stare con lui, e a invitare anche altri a condividere questa indispensabile compagnia. E vedendo, trovando Dio, trovare la vera vita”.

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San Giacomo il Minore Apostolo

Palestina, I secolo d.C.

Giacomo, detto il Minore per distinguerlo dal fratello di Giovanni, divenne vescovo di Gerusalemme dopo la morte di Giacomo il Maggiore e la partenza di Pietro. Occupò una posizione di rilievo negli Atti degli Apostoli ed è autore di una lettera “ cattolica “ alle “ dodici tribù della diaspora “, che è come un’eco del “Discorso della montagna”. Il suo ascetismo gli conquistò la stima anche di ebrei ortodossi, molti dei quali si convertirono. Sembra sia stato lapidato nel 62 d.C.

Etimologia: Giacomo = che segue Dio, dall’ebraico

Martirologio Romano: Festa dei santi Filippo e Giacomo, Apostoli. Filippo, nato a Betsaida come Pietro e Andrea e divenuto discepolo di Giovanni Battista, fu chiamato dal Signore perché lo seguisse; Giacomo, figlio di Alfeo, detto il Giusto, ritenuto dai Latini fratello del Signore, resse per primo la Chiesa di Gerusalemme e, durante la controversia sulla circoncisione, aderì alla proposta di Pietro di non imporre quell’antico giogo ai discepoli convertiti dal paganesimo, coronando, infine, il suo apostolato con il martirio.

Giacomo figlio di Alfeo, ricordato insieme all’apostolo Filippo poiché le loro reliquie furono deposte insieme nella chiesa dei Dodici Apostoli a Roma, viene detto il Minore per distinguerlo da Giacomo figlio di Zebedeo (e fratello di Giovanni) detto il Maggiore e da secoli venerato come Santiago a Compostela.
Da San Luca sappiamo che Gesù sceglie tra i suoi seguaci dodici uomini “ai quali diede il nome di apostoli” (6,14), e tra essi c’è appunto Giacomo di Alfeo, il Minore. Nella Prima lettera ai Corinzi, Paolo dice che Gesù, dopo la risurrezione “apparve a Giacomo e quindi a tutti gli apostoli”. Lo chiamano “Giusto” per l’integrità severa della sua vita. Incontra Paolo, già duro persecutore dei cristiani e ora convertito: e lo accoglie con amicizia insieme a Pietro e Giovanni. Poi, al “concilio di Gerusalemme”, invita a “non importunare” i convertiti dal paganesimo con l’imposizione di tante regole tradizionali. Si mette, insomma, sulla linea di Paolo.

Dopo il martirio di Giacomo il Maggiore nell’anno 42 e la partenza di Pietro, Giacomo diviene capo della comunità cristiana di Gerusalemme. Ed è l’autore della prima delle “lettere cattoliche” del Nuovo Testamento. In essa, si rivolge “alle dodici tribù disperse nel mondo”, ossia ai cristiani di origine ebraica viventi fuori della Palestina. E’ come un primo esempio di enciclica: sulla preghiera, sulla speranza, sulla carità e inoltre (con espressioni molto energiche) sul dovere della giustizia. Secondo lo storico Eusebio di Cesarea, Giacomo viene ucciso nell’anno 63 durante una sollevazione popolare istigata dal sommo sacerdote Hanan, che per quel delitto sarà poi destituito.
Morì ucciso con un bastone e poi il corpo venne gettato giù dal tempio di Gerusalemme probabilmente nel 62 d.C.
Il suo simbolo è appunto un bastone da gualcheraio, usato per cardare la lana che aveva un’estremità di metallo, triangolare ed uncinata.
La figura di Giacomo è oggetto da secoli di una controversia importante che agiografi, storici ed esegeti, entriamo in merito in modo sintetico. Sono verosimilmente la stessa persona il Giacomo, fratello dell’apostolo Giuda Taddeo, che i Vangeli e gli Atti elencano tra i dodici apostoli chiamandolo figlio di Alfeo, e il Giacomo che altrove gli stessi Vangeli chiamano “fratello” (cioè cugino, secondo la corretta interpretazione del termine ebraico) del Signore, figlio di Maria, una delle donne presenti ai piedi della croce di Gesù, moglie di Cleofa, “sorella” (cioè cognata) della Madonna. Cleofa e Alfeo potrebbero essere infatti due nomi della stessa persona, o meglio due forme dello stesso nome aramaico. Il Giacomo “fratello” di Gesù è nominato da Paolo come una delle “colonne” della Chiesa, con Pietro e Giovanni, a Gerusalemme, dove fu vescovo dalla partenza di Pietro per Roma (l’anno 44) fino al martirio avvenuto durante la Pasqua del 62.
La Chiesa d’Oriente distingue tuttora tra l’apostolo e il vescovo di Gerusalemme, sulla base di una tradizione introdotta da scritti pseudoclementini (Ipotiposi, VI) tra la fine del II e l’inizio del III secolo e seguita in particolare da Eusebio di Cesarea e Giovanni Crisostomo, ma non da altri numerosi Padri greci; mentre per la Chiesa d’Occidente il Concilio di Trento ha affermato l’identità dell’uno con l’altro. Oggi la critica si divide , certo è che Giacomo è stata una figura talmente importante nella prima Chiesa da divenire il vessillo e la colonna di tutti i giudei cristiani non solo di Gerusalemme ma anche della diaspora.
Il martirio di Giacomo, noto dalla notizia di Giuseppe Flavio (Antichità giudaiche, XX, 197. 199-203), della fine del I secolo, ci viene descritto nei dettagli da Eusebio di Cesarea, che riferisce per esteso in particolare la precedente narrazione di Egesippo (Memorie, 5). Morto il prefetto di Giudea Festo, e mentre era ancora in viaggio da Roma il suo successore designato Albino, il sommo sacerdote Ananos il Giovane approfittò del momento per convocare il sinedrio e condannare Giacomo alla lapidazione. Siamo nell’anno 62. Giacomo fu gettato giù dal pinnacolo del Tempio e, poiché non era morto, fu lapidato; e poiché, messosi in ginocchio, pregava per coloro che lo stavano lapidando, «uno di loro, un follatore, preso il legno con cui batteva i panni, colpì sulla testa il Giusto, che morì martire in questo modo. Fu quindi sepolto sul luogo, vicino al Tempio, dove si trova ancora il suo monumento» (Egesippo, in Eusebio, Storia ecclesiastica, II, 23, 18).
Il suo cippo sepolcrale, secondo la testimonianza di Girolamo, rimase al suo posto fino al tempo dell’imperatore Adriano (117-138); poi se ne dovettero perdere le tracce, se si ha la notizia dell’invenzione (cioè del ritrovamento), verso la metà del IV secolo, del corpo di Giacomo, insieme a quelli dei martiri Simeone e Zaccaria, a opera di un eremita, Epifanio.
Il corpo di Giacomo fu temporaneamente traslato dentro Gerusalemme dal vescovo Cirillo il 1° dicembre 351, poi successivamente fu riportato nella chiesa costruita presso il luogo dell’invenzione; infine si ha notizia di una traslazione – ancora il giorno 1° di dicembre – in un’altra chiesa in Gerusalemme, costruita sotto l’imperatore bizantino Giustino II (565-578) e dedicata a Giacomo. Ma qui le varie notizie si integrano con difficoltà. Si deve infatti collegare con una traslazione di parte delle reliquie da Gerusalemme (o forse da Costantinopoli?) a Roma, l’avvio della costruzione, al tempo di papa Pelagio I (556-561), di una basilica dedicata agli apostoli Giacomo e Filippo, la cui la festa liturgica da allora in Occidente ricorre il 1° maggio (ora spostata al 3 maggio); basilica che fu completata da papa Giovanni III (561-574), e attualmente è intitolata ai santi XII Apostoli. Nel gennaio 1873, venne fatta, a opera di una commissione scientifica, una ricognizione sotto l’altare della chiesa dei Santi XII Apostoli a Roma. Le reliquie appartenevano a due distinti individui. Quello di corporatura più robusta, del quale si conservavano solo scaglie e frammenti ossei, anche se in quantità consistente, oltre a un femore presente ab immemorabili in Basilica, fu identificato con Giacomo il Minore. Nel 1879 le reliquie furono deposte in un’arca di bronzo all’interno di un sarcofago di marmo che venne collocato nella cripta della chiesa, al di sotto dell’altare centrale e del luogo dove erano state rinvenute; e lì sono anche oggi. La reliquia del femore fu invece collocata in un reliquiario appositamente fabbricato, attualmente non esposto ai fedeli.

A Santiago di Compostela si venera la reliquia della testa di Giacomo il Minore; secondo una tradizione la portò in Occidente il vescovo di Braga Mauricio Burdino, dopo averla prelevata verso il 1104 da Gerusalemme durante il suo pellegrinaggio in Terra Santa. Verso il 1116 Urraca, regina di Castiglia e León, se ne impadronì e la donò alla chiesa di Santiago, dove tuttora è custodita in un busto-reliquiario nella cappella dedicata all’apostolo. Ma un altro cranio attribuito a Giacomo il Minore è noto dal Medioevo ad Ancona, ora custodito nel Museo diocesano annesso alla chiesa cattedrale di San Ciriaco: esaminato a seguito della ricognizione delle reliquie conservate a Roma, risultò con esse compatibile.
San Giacomo è considerato patrono dei fabbricanti di cappelli, cardatori, droghieri e farmacisti.

 

 

 

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