29 Luglio 2023 Memoria dei Santi Marta, Maria e Lazzaro Amici del Signore

I sec.

Signore nostro Dio, nella casa di Betania hai fatto gustare a tuo Figlio Gesù
l’amicizia di Lazzaro, l’ospitale accoglienza di Marta e l’adorante silenzio dell’ascolto di Maria: concedi anche a noi di condividere con te i nostri affetti, di servire con amore i nostri fratelli e di contemplare sempre la tua parola. Per Cristo nostro Signore. – Amen.

Nella casa di Betania il Signore Gesù ha sperimentato lo spirito di famiglia e l’amicizia di Marta, Maria e Lazzaro, e per questo il Vangelo di Giovanni afferma che egli li amava. Marta gli offrì generosamente ospitalità, Maria ascoltò docilmente le sue parole e Lazzaro uscì prontamente dal sepolcro per comando di Colui che ha umiliato la morte. Nel 2021 Papa Francesco ha decretato che la memoria liturgica presente nel Calendario Romano Generale al 29 luglio, già dedicata alla sola Santa Marta, venisse ridenominata “Santi Marta, Maria e Lazzaro”. Nell’edizione del Martirologio Romano promulgata da San Giovanni Paolo II all’alba del Terzo Millennio già i tre santi erano ricordati insieme il medesimo giorno.

APPROFONDIMENTO

Santa Marta di Betania Sorella di Maria e Lazzaro

sec. I

Patronato: Casalinghe, Domestiche, Albergatori, Osti, Cuochi, Cognate

Etimologia: Marta = palma, dall’aramaico o variante di Maria

Emblema: Chiavi, Mestolo, Scopa, Drago

Martirologio Romano: Memoria di santa Marta, che a Betania vicino a Gerusalemme accolse nella sua casa il Signore Gesù e, alla morte del fratello, professò: «Tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo».

Sono i Vangeli ad offrire notizie di Marta di Betania, villaggio a pochi chilometri da Gerusalemme. Sorella di Lazzaro e Maria, viene tratteggiata come donna solerte e meticolosa, sicuramente fra le prime donne a credere in Gesù. Nella sua casa lo ospita più volte, di passaggio durante la predicazione nella Giudea. Ed è il ritratto di Luca ad offrire più dettagli di Marta descrivendola nella sua quotidianità. Narrando una delle volte in cui Gesù si trova a tavola con gli amici di Betania, l’evangelista scrive: “Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Marta invece era distolta per i molti servizi. Allora si fece avanti e disse: ‘Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti’. Ma il Signore le rispose: ‘Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una sola cosa c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta’” (Lc 10,38-42). Il Maestro riprende Marta per farle capire che l’encomiabile laboriosità rischia di farle trascurare la vita interiore. È un monito che fa riflettere su quanto importante sia il nutrimento dello spirito, l’ascolto della Parola di Dio, poiché è la Parola di Dio a dare senso all’agire quotidiano. Ad ogni modo, per la sua amorevole dedizione ai preparativi per offrire all’ospite un confortevole ristoro nella sua dimora, Marta è riconosciuta dalla Chiesa come modello di operosità. Sicché Marta e Maria sono rispettivamente l’esempio dell’azione e della contemplazione, della vita attiva e della vita di preghiera, i due aspetti che in un cristiano non devono mancare, e che non devono contrapporsi, bensì essere complementari.

La professione di fede di Marta
Marta ha anche lasciato una forte testimonianza di fede. Dalle sue parole rivolte a Gesù, giunto dopo quattro giorni dalla morte del fratello Lazzaro, emerge un credo totale, che non esita, non dubita. Marta ha fiducia illimitata in Dio, pur di fronte a ciò che agli uomini sembra impossibile. “Come udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. Marta disse a Gesù: ‘Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà’”. È già una straordinaria professione di fede, ma il colloquio di Marta e Gesù prosegue. E da questa semplice donna di Betania apprendiamo cosa significa credere in Gesù Cristo. “Gesù le disse: ‘Tuo fratello risorgerà’. Gli rispose Marta: ‘So che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno’. ‘Gesù le disse: Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?’. Gli rispose: ‘Si, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo’” (Gv 11,20-27). È l’essenza del cristianesimo; Marta, nella sua risposta, condensa tutta la sua fede, che è poi la fede di ogni credente; una piccola risposta nella quale ciascun cristiano ritrova il suo proposito di vita.

Le origini della memoria liturgica
La tradizione narra che, dopo le prime persecuzioni dei cristiani, Marta, Maria, Lazzaro, altri discepoli e donne che seguivano Gesù, abbiano lasciato la loro terra e raggiunto Saintes-Maries-de-la-Mer, in Provenza, dove avrebbero portato il credo cristiano. Sono stati i francescani, nel 1262, a celebrare Santa Marta il 29 luglio, otto giorni dopo la festa di Santa Maria Maddalena. A Betania, oggi chiamata El-Azariyeh (Il luogo di Lazzaro), c’è ancora il sepolcro di Lazzaro e un santuario costruito su alcuni resti bizantini e crociati che a loro volta celano luoghi preesistenti. Probabilmente si trovava qui la casa di Marta. La chiesa a croce greca del santuario è abbellita da mosaici che raffigurano gli episodi evangelici che vedono protagonisti Marta, Maria e Lazzaro.

Santa Maria di Betania Sorella di Marta e Lazzaro

I sec.

La troviamo in vari punti dei Vangeli. La prima cosa che salta all’occhio è la sua differenza dalla sorella: mentre Marta è sempre in movimento, indaffarata nella sua premura per essere una brava padrona di casa, lei ama stare ai piedi di Gesù per ascoltarlo: un gesto che non ha nulla di romantico, dato che “sedersi ai piedi di un maestro” significava esserne i discepoli. Maria è quindi una discepola attenta. Per questo Gesù dirà che lei ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta. Infatti, essere discepolo di Cristo è una possibilità di cui non saremo mai privati. La vita può rubarci molte opportunità: la salute, le capacità, la giovinezza, un impegno, un ruolo, una posizione, ma in ogni situazione noi possiamo essere discepoli del Signore. Maria ci fa capire che ci può essere tolto tutto, ma ascoltare Gesù è sempre possibile.

Ritroviamo Maria alla morte del fratello Lazzaro: il suo pianto commuove nel profondo Gesù che a lei mostra la sua umanità sensibile al dolore per la morte dell’amico. Infine, è suo un gesto che Gesù definirà profetico. Sei giorni prima della sua ultima Pasqua, Gesù va a trovare gli amici e si ferma a cena. C’è Lazzaro redivivo, Marta che sta servendo e in quel contesto Maria, senza dire nulla, prende trecento grammi di profumo di puro nardo, preziosissimo, unge i piedi di Gesù e li asciuga con i suoi capelli.

Un gesto simile lo aveva compiuto una peccatrice pubblica, mescolando le sue lacrime con il profumo per ringraziare Gesù della sua misericordia (cfr Vangelo di Luca 7,36-50). Maria non piange: usa una gran quantità di un costosissimo profumo e la fragranza si diffonde per tutta la casa; unge l’Unto del Signore. Poi con i suoi capelli asciuga i piedi di Gesù, così che lo stesso profumo avvolge lei e il suo Signore. I suoi capelli profumano come Gesù, come se lei volesse conservare su di sé il ricordo di quel momento.

Nessuno capisce perché Maria abbia fatto questa cosa. Giuda brontola per lo spreco: si poteva utilizzare quel prezioso profumo per ricavarne dei soldi da dare ai poveri.

Anche se non c’è nessuno scambio di parole tra Gesù e Maria, perché spesso i gesti significativi accadono in silenzio, lui capisce e mostra di gradire quel gesto nel quale vede un segno profetico dell’unzione che viene fatta ai defunti. Maria è stata spinta dall’amore per il suo Signore, a cui ha voluto tributare un segno di onore. Ma questo svela sia la regalità di Gesù che la sua morte imminente. «Ha profumato in anticipo il mio corpo per la sepoltura», dice Gesù, così collega quel momento di intimità familiare al futuro terribile che sta incombendo su di lui, quell’unzione anticipa la pace silenziosa che verrà dopo la tragedia della croce. Mentre montano gli intrighi dell’odio, dell’inganno, del tradimento, negli ultimi giorni di Gesù c’è un momento luminoso carico di bontà: il profumo dell’amore generoso di Maria.

San Lazzaro di Betania Fratello di Marta e Maria

I sec.

Etimologia: Lazzaro = Dio è il mio soccorso, dall’ebraico

Martirologio Romano: Commemorazione dei santi Lazzaro, fratello di santa Marta, che il Signore pianse morto e risuscitò, e di Maria, sua sorella, che, mentre Marta era indaffarata nei suoi molteplici servizi, seduta ai piedi del Signore ascoltava la sua parola.

Gli amici di Gesù
Lazzaro e le sue sorelle, Marta e Maria, erano amici fraterni di Gesù di Nazareth. Vivevano a Betania, a circa tre miglia da Gerusalemme, e Gesù era spesso loro ospite. L’affetto che Gesù nutriva per l’amico è testimoniato dalle parole che Marta e Maria mandano a dirgli chiamandolo al capezzale del fratello, riportate nel Vangelo di Giovanni: “Signore, ecco, colui che tu ami è malato”. E poi ancora, all’arrivo di Gesù, apparentemente giunto troppo tardi per salvarlo, “Se tu fossi stato qui,” dice Marta, “mio fratello non sarebbe morto”. Ma anche i testimoni dell’episodio, notando il turbamento di Gesù e le sue lacrime davanti al sepolcro chiuso dell’amico, mormorano tra loro “Vedi quanto lo amava” (cf. Gv 11,3.21.36). I riferimenti all’affetto di Gesù per Lazzaro hanno fatto ritenere ad alcuni plausibile l’identificazione del “discepolo che Gesù amava”, invece che con San Giovanni Evangelista (come abitualmente accettato), con l’amico Lazzaro.
L’episodio della resurrezione di Lazzaro, che è narrato solo nel Vangelo di Giovanni, ha naturalmente un valore profetico e simbolico, perché preannuncia la Resurrezione di Cristo. La casa di Betania e il sepolcro vuoto di Lazzaro divennero presto, sin dai primi tempi del cristianesimo, meta di pellegrinaggi alla vigilia della domenica delle Palme, come attesta San Girolamo, e in epoca medievale accanto alla tomba di Lazzaro sarebbe stato fondato un monastero che poteva contare sulla protezione dello stesso Carlo Magno.

Vivere dopo la morte
Il racconto di Giovanni prosegue raccontando che l’episodio della resurrezione di Lazzaro fece sì che molti dei presenti al miracolo si convertissero e credessero in Gesù. Questo fece aumentare il clima di sospetto e di odio nei confronti di Gesù da parte dei sommi sacerdoti e dei farisei, che vedevano in Lui un pericoloso sobillatore. Inoltre, quando Lazzaro presenziò ad un banchetto in onore di Gesù, decisero di uccidere anche lui, perché molta gente era accorsa per vederlo e aveva creduto che Gesù era il Figlio di Dio.

L’enigma delle reliquie
Secondo la tradizione orientale, Lazzaro, dopo la Morte e Resurrezione di Gesù, si sarebbe trasferito a Cipro e ne sarebbe stato vescovo per trent’anni. Questa tradizione è suffragata dal ritrovamento a Kition, l’odierna Larnaca, nell’anno 890, di una lapide su cui erano incise queste parole: “Lazzaro, l’amico di Cristo”. Le reliquie furono in seguito trasferite a Costantinopoli per ordine dell’imperatore Leone VI il filosofo, e infine in Francia ad opera dei Crociati. Tuttavia il trasferimento delle reliquie potrebbe essere stato solo parziale, perché nel 1972 venne rinvenuta a Larnaca un’arca di marmo contenente reliquie che si attribuiscono allo stesso Lazzaro. Un’altra versione della storia vuole invece che Lazzaro, Marta, Maria e un certo Massimo venissero imbarcati su una barca senza remi, né vele, né timone e che questa barca avesse raggiunto le coste della Francia meridionale. Questa versione entra a far parte anche della “Leggenda Aurea” di Jacopo da Varagine che racconta che Lazzaro e le sue sorelle sarebbero andati a predicare in Francia, dove Lazzaro sarebbe divenuto il primo vescovo di Marsiglia. Qui sarebbe stato martirizzato sotto la persecuzione dell’imperatore Nerone.

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