Francesco celebra la Messa per la Commemorazione dei defunti nel “Rome War Cemetery” ( in via Zabaglia vicino alla nostra Parrocchia) tra le tombe dei caduti in guerra. Circa 300 le persone presenti, riunite sotto la pioggia. Il ricordo della giovane età dei soldati caduti e il dolore per la loro fine: “Tanti innocenti morti, tante vite stroncate, le guerre sono una sconfitta sempre. Non c’è vittoria totale”. L’invito a pregare Dio per il dono della pace: “La gente non si uccida più nelle guerre”.
OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO 02 novembre 2023
Oggi pensando ai morti, chiediamo al Signore la pace perché la gente non si uccida più nelle guerre. Tanti innocenti morti, tanti soldati che lasciano la vita lì e questo perché sempre le guerre sono una sconfitta. Sempre…
Francesco porta tra le mani un mazzo di fiori bianchi. Li poggia ai piedi della lapide di W. Perkins, guardia gallese, morto a 28 anni. Subito dopo quelle stesse mani il Papa le unisce entrambe in preghiera e vi poggia il mento, mentre, seduto in carrozzina, procede lungo il prato inglese sul quale sorgono le altre 425 lapidi del Rome War Cemetery, il cimitero che conserva le spoglie dei militari del Commonwealth caduti durante la Seconda Guerra mondiale. In questo spazio verde realizzato dall’architetto Louis de Soissons e situato nel quartiere Testaccio di Roma, poco noto ai romani ma ben visibile dall’esterno, Francesco ha scelto quest’anno di celebrare la Messa del 2 novembre, commemorazione dei fedeli defunti.
Una tradizione portata avanti diverse volte in questi oltre dieci anni di pontificato con celebrazioni in questo giorno al Cimitero Laurentino, al Cimitero Militare francese, al Verano, di Prima Porta, nel Cimitero americano di Nettuno. Luoghi di memoria, di storia, di dolore che, in questi tempi lacerati dai conflitti, ricordano all’umanità qual è la principale conseguenza della guerra: la morte. Di tutti, dei vincitori e dei vinti la cui vita è stata distrutta dai conflitti “senza coscienza”. “Le guerre sono sempre una sconfitta. Sempre…”, scandisce il Papa nella breve omelia, tutta a braccio, ripetendo quanto già affermato negli ultimi Angelus dallo scoppio delle violenze in Medio Oriente.
Tante persone giovani e non più giovani. Nelle guerre del mondo, anche in quelle più vicine a noi, in Europa e al di fuori: quanti morti! Si distrugge la vita, senza averne coscienza…. Non c’è vittoria totale, no. Si, uno vince sull’altro ma dietro c’è la sconfitta del prezzo pagato.
Francesco si guarda intorno, cercando di scorgere i nomi incisi sul marmo. Nomi di diversa nazionalità tra militari, soldati e anche alcuni aviatori morti come prigionieri di guerra a Roma: Thomas, Mallin, Duncan, Wilson… Nomi affiancati dallo stemma dell’entità militare di appartenenza, da pensieri e da motti, alcuni anche dalle stelle di David. Tutti ripotano le date che indicano l’età, anche giovanissima, dei defunti.
All’entrata, io guardavo l’età di questi caduti. La maggioranza è tra i 20 e i 30 anni. Vite stroncate, vite senza futuro… E ho pensato ai genitori, alle mamme che ricevevano quella lettera: “Signora, ho l’onore di dirle che lei ha un figlio eroe”. “Sì, eroe, ma me l’hanno tolto!”. Tante lacrime in quelle vite stroncate.
Dalle Mura aureliane che costeggiano il camposanto intanto si allunga per qualche istante l’ombra di un rapido raggio di sole che si fa spazio tra le nuvole nere. La pioggia torna a scendere copiosa appena finita l’omelia e diffonde l’odore di erba bagnata. Il terriccio fa affondare le sedie sistemate dinanzi all’altare, allestito sotto un tendone bianco esattamente di fronte alla Pietra della rimembranza, una grande croce di marmo al centro del viale. Sono circa 300 i presenti tra sacerdoti, famiglie, anziani, militari, autorità, tra cui il sindaco di Roma Roberto Gualtieri. Aprono gli ombrelli e indossano le mantelline. Non applaudono all’arrivo del Papa, né commentano o proferiscono alcuna parola. Mantengono il silenzio che permea l’intera celebrazione, interrotto solo dal pianto di una bambina e dal rumore di un trapano per i vicini lavori sulla strada.
Memoria e speranza
Questa celebrazione, dice il Papa all’inizio della sua riflessione, “ci porta due pensieri: memoria e speranza”. La “memoria di coloro che ci hanno preceduto, che hanno fatto la loro vita, che hanno concluso questa vita”. Memoria di “tanta gente che ci ha fatto del bene: famiglia, tra gli amici. E memoria anche di coloro che non sono riusciti a fare tanto bene, ma nella misericordia di Dio sono stati ricevuti. È il mistero della grande misericordia del Signore”.
Poi speranza, ripete il Papa: “Quella di oggi è una memoria per guardare avanti, per guardare il nostro cammino, la nostra strada”.
Noi camminiamo verso un incontro, con il Signore e con tutti. Dobbiamo chiedere questa grazia della speranza: la speranza che mai delude, mai! La speranza, che è la virtù di tutti i giorni che ci porta avanti, ci aiuta a risolvere dei problemi e a cercarne le vie d’uscita. Quella speranza feconda, quella virtù teologale di tutti i giorni, di tutti i momenti: la chiamerò la virtù teologale “della cucina”, perché è alla mano e ci viene sempre in aiuto.
Chiedere a Dio la pace
Francesco guarda all’attualità, a questo mondo ferito dalle guerre: “Anche oggi sta succedendo lo stesso”. Rivolge, come già in passato, il pensiero alle famiglie di chi muore sul campo di battaglia. “Tante lacrime”, ripete. Esorta quindi i presenti a invocare da Dio la pace e pregare per “i nostri defunti”, di oggi e di ieri, “per tutti, per tutti”.
Preghiamo il Signore per i nostri defunti… Che il Signore li riceva tutti E preghiamo anche perché il Signore abbia pietà di noi e ci dia la speranza: la speranza di andare avanti e di poterli trovare tutti insieme con Lui, quando ci chiamerà. Così sia.
Sosta al cimitero Acattolico
Al termine della liturgia scandita da canti e preghiere, da sole e pioggia, la preghiera dell’Eterno Riposo. Poi, accompagnato dagli applausi e dalle grida di “W il Papa” da dietro i cancelli, Francesco procede lentamente verso l’uscita, con il capo rivolto verso il basso per dare un ultimo sguardo a questi pezzi di marmo che racchiudono una intera vita. Una vita “stroncata”.
Prima del rientro in Vaticano, anche una breve sosta nel vicino cimitero ACattolico.