Con l’inizio del IV secolo, il calendario liturgico comincia a cambiare, dando valore anche all’esperienza “storica” di Gesù: il Venerdì Santo per ricordare la morte di Gesù, e quindi l’Ultima Cena … e in questa dinamica, il Natale, la nascita di Gesù, della quale nel 336 ne abbiamo la prima testimonianza, alla quale poco dopo seguirà la festa orientale natalizia dell’Epifania, il 6 gennaio.
Vigilia: Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo … Mattan generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo (Mt 1,1-25).
Notte: “Non temete: vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia” (Lc 2,1-14).
Aurora: Appena gli angeli si furono allontanati da loro, verso il cielo, i pastori dicevano l’un l’altro: “Andiamo a dunque fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento” … Andarono senza indugio … Poi se ne tornarono glorificando e lodando Dio (Lc 2,15-20).
Giorno: In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio … E il Verbo si è fatto carne e venne ad abitare in mezzo a noi (Gv 1,1-14).
Oggi la Luce è entrata nel mondo. Oggi, così come avviene da più di duemila anni, la Luce squarcia il buio della notte e delle tenebre e ci illumina. Quella Luce ha per noi un volto e un nome: Gesù Cristo, preannunciato dal profeta Isaia: “Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce” (Messa della notte di Natale, Is 9,1-6). Lui è la Luce del mondo che illumina le tenebre (Gv 1,9; 3,19. Vangelo del giorno di Natale); Lui è la Speranza che non delude (Rm 5,5); Gesù, radice e stirpe di Davide (cfr 2Sam 7,8ss, la promessa di Dio al re Davide (IV domenica di Avvento; Ap 22,16); Gesù è la stella radiosa del mattino (Ap 22,16).
L’Avvenimento
Questo è il Natale. Un Fatto, un Avvenimento che è stato capace di cambiare il corso della storia. Dio si è fatto uomo pur di renderci figli di Dio (cfr sant’Ireneo). Un Avvenimento così importante, così decisivo che la liturgia stessa ha scelto di farcelo gustare quasi al rallentatore, offrendoci non una ma quattro Messe di Natale: la Messa della vigilia (verso le ore 18.00), la Messa della notte (di solito tra le 21 e le 24, quest’anno alle 20 circa), quella dell’aurora (tra le 7 e le 9 circa) e quella del giorno (tra le 10 e le 18 circa). Quattro Messe per assaporare tutta la gioia di questo Avvenimento che ha sorpreso/scombinato i piani umani. Questa è la gioia del Natale: “Oggi è nato per voi il Salvatore, che è Cristo Signore” (Lc 2,11, vangelo della notte). Il Signore Gesù si fa a noi vicino per dirci di non avere paura, di rompere l’indifferenza gli uni degli altri, perché Dio, in Gesù suo Figlio, si è compromesso con l’umanità ferita dal peccato pur di salvarci.
Dettagli storici
Il testo di Luca, che ascoltiamo nella Messa della notte, è ricco di particolari cronologici e storici: “Un decreto di Cesare Augusto ordinò che si fece il censimento su tutta la terra…si fece quando Quirinio era governatore della Siria…” (Lc 2,1-2). Particolari che possono lasciare indifferenti talmente siamo desiderosi di arrivare alla notizia che Gesù è nato; ma sono dettagli non secondari, perché indicano che la nascita di Gesù non appartiene alle “favole” ma a un fatto inserito pienamente dentro la storia.
Albero genealogico
Così come è indicativo il vangelo della vigilia, che inserisce Gesù dentro un albero genealogico non proprio perfetto, visti i personaggi: eppure, Lui accetta di entrare dentro questa storia familiare, che non brilla certo di santi. Nel lungo elenco sono nominati i patriarchi, poi i re prima e dopo l’esilio di Babilonia. Re fedeli e altri idolatri, immorali e assassini. E che dire del re Davide, nel quale si intrecciano fedeltà a Dio, peccati e delitti (ricordiamo solo il crimine da lui confessato nel salmo 50, dopo aver fatto uccidere Uria). La genealogia mira a testimoniare-confermare che Gesù è della “stirpe di Davide” (cfr Mt 1,6ss), e che la promessa che Dio ha fatto a Davide di costruirgli “una casa” (cfr 2Sam, IV domenica di avvento) ha trovato pienezza in Gesù. La genealogia mostra che si è parte di una storia più grande, e ciò vale per l’uomo Gesù, Colui che inaugura una nuova storia. Dietro ogni nome, seppur talvolta enigmatico, c’è comunque una storia attraverso la quale Dio ha reso possibile qualcosa. Una pagina che svela che dietro ogni volto c’è un’elezione di Dio e una sua promessa: così un tempo e così oggi. Anche noi siamo stati “eletti” per grazia di Dio: “Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi” (Gv 15,16). Non scelti per i nostri meriti, ma per la sua misericordia: “Ti ho amato di amore eterno” (Ger 31,3). Questa è la nostra certezza: “Il Signore dal seno materno mi ha chiamato” (Is 49,1).
E come un tempo, così anche oggi Gesù entra dentro questa storia e c’invita a guardare oltre, c’invita a leggere questo particolare tempo storico e sociale non con le litanie disfattiste del lamento, ma con quella Luce che viene dall’alto e che tutto illumina.
In fondo, anche Giuseppe e Maria non si sono trovati in un contesto agevole, eppure…
“Compiutisi per Lei i giorni del parto, diede alla luce il suo Figlio primogenito, Lo avvolse in fasce e lo depose nella mangiatoia” (cfr Lc2, 7, Messa della notte). Dio Padre, l’Onnipotente, attraverso Maria, depone in una mangiatoia un Bambino, l’Emmanuele, il Dio con noi. Un Bimbo che dà inizio/archè a un nuovo Regno, a una nuova Storia di salvezza: regno di giustizia e di pace, di amore e di verità.
“Lo adagia in una mangiatoia”. Il verbo greco indica la posizione di chi mangia, quasi sdraiati come i soldati romani. Ma Gesù bambino è adagiato nella greppia degli animali: è un ricettacolo di insetti, bave di animali, sporcizia. Un inizio che suggerisce quanto l’intera vita di Gesù sarà così: gli angeli cantano in cielo e un re lo perseguiterà; un giorno sarà acclamato dalle genti e il giorno dopo sarà condannato dalla stessa folla. Un giorno fatto re e l’altro inchiodato come malfattore. Rifiuto e gloria saranno i segni che contraddistingueranno questo Bimbo.
Ma c’è anche un altro particolare che spesso è indicato nelle icone. Quel Bimbo viene posto dove gli animali si cibano. Quel Bimbo, che necessita di nutrirsi per crescere, fin dall’inizio viene celebrato come il “pane” che nutre: “Fate questo in memoria di me”. Questo Bimbo, in questi dettagli, si svela a noi per chi è, ma nello stesso tempo, ci svela il percorso per un nostro bel vivere. In un tempo in cui l’uomo è schiavo dei suoi stessi superficiali appetiti, Gesù indica una vita nuova capace di mettere ordine ai tanti disordinati appetiti che non saziano se non la propria bramosia di illudersi di “essere come Dio”, di autoaffermarsi/emanciparsi da Dio, conseguenze del peccato originale: “La donna vide che l’albero era buono da mangiare, gradito agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza; prese dell’albero e ne mangiò, poi ne diede anche al marito” (Gn 3,6). In quell’essere nella mangiatoia, Gesù ci educa a nutrirci di ciò che conta affinché da mangiatori compulsivi impariamo a divenire “pane che si dona”. Basti ricordare che la prima delle tentazioni di Gesù nel deserto verteva proprio sul concetto di “cibo”: “Dì che queste pietre diventino pane…Non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni Parola che esce dalla mia bocca” (Mt 4,3-4), mostrando così lo stile da assumere.
Le fasce
Maria “avvolge” il Bimbo “in fasce”: Maria, pur nella precarietà, è organizzata. Questo ci suggerisce d’imparare a “organizzarci” affinché il Bimbo che chiede di nascere nel nostro cuore, nella nostra vita, trovi accoglienza, cura e protezione. In altri termini, possiamo dire che la memoria del Natale di nostro Signore illumina i “natali quotidiani” dove la fede – ossia l’amicizia con il Bimbo Gesù – chiede di essere accolta e custodita nelle “fasce” delle nostre attenzioni e cure, affinché non si svilisca. In quel “bambino avvolto in fasce e deposto in una mangiatoia, siamo invitati a vedere la logica con la quale Dio agisce e dalla quale noi imparare ad agire “come Dio”. Siamo invitati a invertire le nostre logiche, le nostre strategie: ci è chiesto un cambiamento di mentalità e di prospettiva. Non è ciò che è grande e importante che conta, ma ciò che è piccolo e apparentemente insignificante: dal grande al piccolo, dalla forza alla debolezza, dal potere al dono, perché così agisce Dio! Anche noi, come cristiani, siamo chiamati ad essere “segno” discreto della potenza dell’amore di Dio, umile strumento del Regno del Signore, certi che “ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini” (cfr 1Cor 1,25). Il termine “segno” non va inteso come debolezza o arrendevolezza, perché se “il sale perdesse il sapore…a null’altro serve che ad essere gettato via” (cfr Mt 5,13). Il mio e nostro essere cristiani dovrebbe diventare quel richiamo vivo e credibile del chicco di grano che porta frutto; “segno” di quel Bimbo di Betlemme, Gesù, qui ed ora. Un vivere ed agire capace di mostrare la gioia “natalizia”, per una Vita donata dall’Alto capace di “spezzarsi” per gli altri per amore (vedi Pasqua).
L’ingresso di Dio dentro la storia avviene attraverso “porte secondarie” e metodi non convenzionali, tanto che anche gli angeli portano l’annuncio ai pastori, non ai sacerdoti al tempio. I pastori erano poveri guardiani pagati per vegliare le pecore. Esclusi dal popolo perché nomadi, perché a contatto con gente non appartenente al popolo, straniera, e quindi impure per la legge. E gli angeli portano per primi a loro l’annuncio. Affida a loro per primi il compito di adorare e andare ad annunciare: “Andiamo dunque fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere…Andarono senza indugio e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia…I pastori se ne tornarono glorificando e lodando Dio…” (Lc 2,15-20, vangelo della Messa dell’aurora).
In quei pastori, nomadi che come Gesù non sanno dove posare il capo (Mt 8,20), possiamo vedere i nomadi guardiani del nostro cuore, quella parte inquieta di noi che veglia, che cerca, che aspetta Qualcuno ma che spesso sbaglia il proprio nutrimento, ingannando la vera fame e sete del cuore. In fondo ciascuno di noi è quel pastore che cerca di seguire le sue povere cose, e quando crede di essere arrivato, si accorge che il cammino non è finito.
Il Natale
Il Natale di nostro Signore Gesù, ci ricorda che Dio è presente in tutte le situazioni in cui lo crediamo assente o in cui riteniamo che Lui non possa esserci. Questa fede ci spinge a guardare a questo tempo con maggiore serenità e speranza: Dio è qui, talmente presente che forse, anzi ne sono certo, ci sta chiedendo di rivedere le nostre abitudini. C’invita a ricordarci che come Lui è venuto per salvarci, così anche noi, in Lui, possiamo salvarci solo se camminiamo insieme, se impariamo a prenderci cura gli uni degli altri. Siamo invitati a farci “mangiatoia”, dove gli altri possono nutrirsi del pane dell’amicizia, dell’amore, della misericordia, della speranza. Il Signore si offre a noi perché noi lo portiamo con la testimonianza della nostra vita. Come cristiani siamo invitati a farci carico della speranza di questa umanità così disorientata e sola, a farci sentinelle del nuovo mattino…affinché le tenebre di questo tempo siano squarciate dalla Luce che viene dal Signore Gesù, che è il Signore Gesù.
Gesù, realtà decisiva dell’esistenza
Lui è la realtà decisiva della mia e nostra esistenza. Nel Signore Gesù, che si fatto a noi vicino, impariamo a divenire fratelli tutti per condividere una solidarietà e vicinanza interiore che è la cosa più preziosa, potendo anche noi lodare insieme agli angeli e dire: “Gloria a Dio nell’alto dei cieli, e pace in terra agli uomini amati dal Signore”.