Il vicario Reina tra i nuovi cardinali. Il Papa: «Fare la strada di Gesù»

Foto Diocesi di Roma / Gennari

Un richiamo all’umiltà e al servizio, l’invito a «fare la strada di Gesù» con tutte le sue conseguenze. Con il concistoro di sabato 07 Dicembre scorso, il decimo del suo pontificato, Papa Francesco ha conferito la berretta a 21 nuovi porporati, che portano a 253 i membri del sacro collegio, di cui 140 elettori. Tra di loro cinque sono italiani, compreso il nuovo vicario di Sua Santità per la diocesi di Roma, Baldo Reina, che ha ricevuto dal Pontefice la berretta, l’anello e il titolo di Santa Maria Assunta e San Giuseppe a Primavalle alle 16.47. E per la sua nomina, insieme a tutta la Chiesa di Roma,  si unisce la nostra parrocchia di San Benedetto nell’augurare ogni bene in Cristo al neo cardinale e la vicinanza nella preghiera a Maria Ss.ma Immacolata.

Nella sua omelia, il Pontefice, riferendosi al Vangelo di Marco, ha ricordato che la salita di Gesù verso Gerusalemme «non è un’ascesa alla gloria di questo mondo, ma alla gloria di Dio, che comporta la discesa negli abissi della morte. Il Vangelo mette in luce questo drammatico contrasto: mentre Gesù sta facendo una strada faticosa e in salita che lo porterà al Calvario, i discepoli pensano alla strada spianata e in discesa del Messia vincitore. Non dobbiamo scandalizzarci di questo, ma prendere umilmente coscienza che – per dirlo col Manzoni – “così è fatto questo guazzabuglio del cuore umano”». Francesco ha avvertito che «questo può succedere anche a noi: che il nostro cuore perda la strada, lasciandosi abbagliare dal fascino del prestigio, dalla seduzione del potere, da un entusiasmo troppo umano per il nostro Signore. Per questo è importante guardarci dentro, metterci con umiltà davanti a Dio e con onestà davanti a noi stessi, e chiederci: dove sta andando il mio cuore?». Il Papa, rivolto ai neo-cardinali, li ha ammoniti: «Badate bene a fare la strada di Gesù» che significa «anzitutto ritornare a Lui e rimettere Lui al centro di tutto. Nella vita spirituale come in quella pastorale, rischiamo a volte di concentrarci sui contorni, dimenticando l’essenziale (…) Anche la parola “cardine” ci richiama a questo, indicando il perno su cui viene inserito il battente di una porta: è un punto fermo di appoggio, di sostegno. Gesù è il punto d’appoggio fondamentale, il centro di gravità del nostro servizio, il “punto cardinale” che orienta tutta la nostra vita».

Foto Diocesi di Roma / Gennari

Il cardinale Baldassare Reina ha presieduto la S. Messa ieri, domenica 8 dicembre 2024, solennità dell’Immacolata concezione, nella basilica di San Giovanni in Laterano. Pubblichiamo l’Omelia:

Con tutta la Chiesa oggi contempliamo la bellezza di Maria e la sua esperienza credente. Alla luce della Parola ascoltata proviamo ad interrogarci sul significato di questa festa per ciascuno di noi e per la nostra vita soprattutto a partire dal dialogo tra noi e Dio dentro il mistero della libertà umana. Il dialogo in Genesi, a motivo del peccato, si interrompe ferendo la relazione tra il creatore e la creatura, e la storia si carica di attesa. Come ricomporre questa relazione? Tutta la storia della salvezza è un continuo cercare da parte di Dio di ristabilire questa relazione. L’alleanza resiste grazie alla pazienza di Dio e si ferisce con il peccato del popolo di Israele. Ma ogni volta si ricomincia. Arriviamo – dopo il lungo cammino fatto di attesa, attesa di Dio e attesa dell’umanità che cerca il suo Dio – a quella casa di Nazareth, dove il dialogo drammaticamente interrotto dalle prime creature si riaccende nella storia di questa giovane donna che è libera, ma di quella libertà che non si realizza dicendo no a Dio come fu per le prime creature.
I primi segni della redenzione si manifestano nell’epifania della libertà liberata dal sì a Dio, lei arca dell’alleanza restituisce a noi la relazione redenta. La Chiesa è sacramento delle relazioni, è custode della libertà che si realizza nel bene. Affidarsi a lei, in questo giorno, guidati dalla parola di Dio proclamata nella liturgia, significa scoprire la radice della nostra identità e della nostra missione. La nostra identità si radica nella trama della relazione con Dio in Gesù Cristo e nella continua ricerca della relazione con tutto il genere umano (LG1). La nostra missione è essere segno e strumento per una libertà liberata nel sommo bene che è quel Dio paziente che non si stanca di dialogare col cuore di ogni creatura.
Il modo migliore per relazionarsi con Dio è quello che ci mostra il Vangelo dell’Annunciazione. Nel dialogo tra la Vergine e l’Angelo ci sono gli elementi essenziali della fede e dell’autentica libertà; c’è tutto quello che ci serve per essere anche noi – come dice l’apostolo nella II lettura – “santi e immacolati di fronte a lui nella carità”; perché se è vero che non possiamo godere dello stesso privilegio di Maria è altrettanto vero che possiamo imitarla per sperimentare una vita pienamente abitata da Dio. I passaggi più significativi di questa relazione mi sembrano almeno 4; li riprendo velocemente:

1. Imparare a guardarci come Dio ci guarda: “rallegrati, piena di grazia: il Signore è con te”. Lo sguardo che ha Dio su ciascuno di noi non è condizionato dal peccato o dai limiti. Noi per Lui non siamo i peccati che facciamo; noi siamo pieni di grazia, perché creati da Lui, a sua immagine e somiglianza, redenti dal sangue del suo Figlio, consacrati dallo Spirito, destinati alla gloria del Cielo. Immaginiamo come si sarà sentita Maria alla luce di quel saluto. Lei, una ragazza normale, con dei desideri e dei sogni tipici della sua età, con un cuore disposto ad amare, con il lavoro di tutti i giorni…scopre di essere preziosa agli occhi di Dio. Sembra di ascoltare le parole di Isaia: “tu sei prezioso ai miei occhi, sei degno di stima e io ti amo”; anche noi saremo immacolati se impariamo a vederci così; se impariamo ad avere il giusto sguardo su noi stessi; se smettiamo di sentirci sbagliati perché qualche volta sbagliamo, o imperfetti perché facciamo i conti con tante imperfezioni. Anche noi siamo pieni di grazia perché Dio non ha mai smesso di amarci e non lo farà mai. Avere questo sguardo su noi stessi ci aiuta ad avere lo stesso sguardo sugli altri. Le persone che abbiamo accanto, in famiglia, nei posti di lavoro, quelli che incontriamo per caso o che vediamo ogni giorno…anch’essi sono pieni di grazia, portatori di bene e di speranza e anche se qualche volta sbagliano o ci fanno soffrire non smettono di essere pieni di grazia. E noi come l’angelo glielo dobbiamo ricordare, dobbiamo farlo riaffiorare ad ogni occasione perché solo così la grazia potrà emergere e trionfare.

2. Imparare a fare spazio al progetto che Dio ha su ciascuno di noi. Inizia il dialogo tra l’Angelo e Maria. Le viene messo davanti il progetto che Dio ha su di lei: “Concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù”. Maria aveva un progetto bello, coltivato da tempo e sostenuto da un amore sincero per Giuseppe. Voleva una famiglia, dei figli, una vita normale. Dio le prospetta qualcosa di diverso. Non annulla il suo progetto ma lo dilata; non lo mortifica ma lo esalta; non lo cambia al ribasso ma lo stravolge portandolo in alto. Questo è un passaggio delicato nella vita di ogni credente a partire da Maria. Se anche solo potessimo per un istante entrare nel suo cuore! Chissà come si sarà sentita: confusione, paura, smarrimento; e pensiamo a ciascuno di noi. A tutte le volte che ascoltando la Parola pensiamo che sia troppo per noi; che espressioni come “beati voi” “siate perfetti come è perfetto il Padre vostro che è nei cieli” “amatevi gli uni altri come io ho amato voi” “gareggiate nello stimarvi a vicenda” ci coinvolgono ma subito dopo le respingiamo pensando che non potremo mai raggiungere quel livello. Anche in noi si realizza questo misterioso incontro tra la nostra debolezza e la grandezza dei progetti di Dio. Riteniamo di non essere all’altezza di quei valori che ci vengono proposti e subito li accantoniamo. Invece come Maria dovremmo imparare a fare spazio a Dio, a comprendere che i suoi progetti su di noi non sono assurdi; sono semplicemente più grandi dei nostri orizzonti; che Dio non vuole annullare i nostri desideri semplicemente li vuole rendere più grandi e più belli; non vuole mortificare il nostro cuore ma lo vuole liberare; non vuole annullare il nostro desiderio di futuro, semmai lo vuole rendere possibile. Essere immacolati per noi significa credere che la grandezza di Dio si può realizzare anche nella nostra miseria.

Foto Diocesi di Roma / Gennari
Foto Diocesi di Roma / Gennari

3. Imparare a capire su chi possiamo contare. “Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra”. Maria cerca di capire come realizzare quel progetto che Le viene messo davanti. Inizia un confronto con Dio, sincero, autentico. E Dio che fa festa quando incontra persone dal cuore libero e puro non esita a dire quale sarà la vera forza di Maria; non certo gli uomini e nemmeno le sue sole forze ma la potenza dell’Altissimo. Maria riascolta in quel momento l’insegnamento costante delle Scritture: “…maledetto l’uomo che confida nell’uomo; benedetto l’uomo che confida nel Signore”. Non possiamo immaginare di realizzare il progetto che Dio ha su ciascuno di noi puntando sulle nostre forze o sulle nostre capacità; l’unico modo che abbiamo è quello di confidare sulla potenza di Dio lasciandogli campo libero nella nostra vita; riconosciamolo una volta per tutte: da soli non ce la facciamo e non ce la faremo mai; solo con Dio noi faremo cose grandi; solo con Lui annienteremo il nemico; solo con il suo aiuto cammineremo nel bene; solo con il Suo amore riscalderemo il mondo.

4. Imparare a tuffarsi totalmente tra le braccia di Dio: “Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola”. Eccomi, ci sto; se so che tu sei dalla mia parte io non mi tiro indietro. Ecco, la mia vita è tua, i sogni sono i tuoi, il mio tempo, i miei affetti, i miei desideri suoi tuoi. Disponi di me come a te piace. Questo è il modo migliore per relazionarsi con Dio. L’eccomi di Maria diventa la cifra di ogni esperienza credente. Essere immacolati significa affidarsi totalmente a Dio in ogni momento, mettere tutto tra le sue mani e permettere che sia Lui a guidare la nostra vita. Mi piace pensare che nei tanti tornanti difficili che Maria ha dovuto affrontare quell’eccomi sarà tornato tantissime volte. Quando non capiva le risposte del Figlio, quando assisteva al rifiuto che di lui ne avevano gli amici e gli esperti della Legge, quando lo hanno inchiodato alla croce come un malfattore Maria non ha mai indietreggiato perché si è fidata di Dio e ha fatto sgorgare dal cuore il suo “eccomi… io sono qui. So che tu ci sei. So che tu non ti fermi a quello che vedo o che sento. So che tu mi sostieni mentre le forze mi mancano e il mio cuore sanguina. So che tu ci sei. E questo mi basta”. Che davvero l’esperienza di Maria diventi la nostra esperienza per vivere nella libertà liberata l’incontro esaltante con Dio e affermare la sua misericordia.

Trovo provvidenziale anche per me questa Parola nel momento in cui sono chiamato a servire la Chiesa di Roma come Vicario del Santo Padre e da ieri come membro del collegio cardinalizio. Sento la responsabilità di quanto mi è stato affidato e voglio viverla in comunione con tutti e a servizio di tutti. Come Maria sono chiamato a sentire che il Signore mi ha fatto grazia e non ho nessun merito personale sul quale possa contare; devo ricordarmi ogni giorno che solo attraverso la potenza dell’Altissimo potrò realizzare ciò che Lui ha pensato per me e per questa Chiesa; e dovrò ad ogni istante rinnovare il mio “eccomi” per scommettere sull’amore di Dio, soprattutto quando le preoccupazioni o le prove vorranno prendere il sopravvento o quando non capirò il senso di tante cose o mi sentirò sopraffatto dalle fatiche quotidiane. A tutti voi chiedo di pregare perché il Signore mi sostenga e mi renda – come Maria – servo umile e fedele. Con il cuore colmo di gioia ringrazio tutti coloro che il Signore ha messo sul mio cammino per condurmi fino ad oggi. Ringrazio il Santo Padre per la fiducia che ha riposto in me chiamandomi a servire la Chiesa di Roma prima come suo Ausiliare e Vicegerente e poi come suo Vicario. La sua paternità e il suo sostegno sono per me un costante punto di riferimento; sono grato della sua fiducia. Un ricordo particolare alla mia famiglia, e in particolare a mio papà che è in Cielo. La sua pazienza, la sua dedizione al lavoro e il suo spirito di sacrificio sono il bagaglio che custodisco gelosamente. Ringrazio tutti i familiari e gli amici del mio paese di origine – San Giovanni Gemini, insieme alla vicina Cammarata – molti di loro sono qui presenti. Ringrazio la Diocesi di Agrigento dalla quale provengo, a partire dal Suo Vescovo e dai Pastori che ho avuto nel mio cammino, il Seminario, i sacerdoti e i tanti amici di quella città dove ho trascorso la maggior parte dei miei anni. Ringrazio davvero tutti. Da ognuno ho imparato e ricevuto qualcosa. Le esperienze di bene sono state tante e anche le fatiche non sono mancate; ma tutto concorre al bene per coloro che amano Dio. Ringrazio le persone che sono arrivate dalla Sicilia e da tante parti d’Italia. Negli anni il Signore mi ha regalato tanti amici che hanno impreziosito il mio cammino. Ringrazio, infine, la Diocesi di Roma che da subito mi ha accolto con grande affetto. E’ stata un’avventura quotidiana la conoscenza delle tante realtà che compongono questa ricca Chiesa e non smetto di provare meraviglia per le potenzialità di bene che racchiude e manifesta. Un pensiero di gratitudine speciale ai preti e ai diaconi che servono questa Chiesa. Sento di dovere molto a loro per quello che fanno e, come ho recentemente scritto in un messaggio alla Diocesi, so di avere bisogno di ognuno di loro per costruire insieme sentieri di autentica comunione, missione e partecipazione. Mi pongo in mezzo a voi come pellegrino di speranza, invocando la grazia di essere strumento docile nelle mani del Signore perché tutti “siano in grado di comprendere l’ampiezza, la lunghezza e la profondità” del suo amore per noi. Mi affido ancora alla Vergine Santissima con alcuni pensieri che ho scritto alcuni anni fa:

Ti è bastato poco: un sussurro di vento leggero, un sibilo che assomigliava ad una voce…
Le tue orecchie erano già spalancate, il tuo cuore limpido e pronto ad accogliere…
Il Messaggero celeste ha incontrato la tua dolcezza e si è fermato,
quasi esitava a pronunciare parole davanti a quel silenzio pieno di Dio.
Spinto dalla missione ricevuta ha iniziato nel modo più bello: “piena di grazia”…
piena di bellezza, gravida di bene…
La bocca si è sciolta ed è iniziato un dialogo fecondo
in cui la voglia di capire veniva superata dall’abbondanza del dono
e l’impossibile umano dal possibile di Dio.
Non hai esitato a sprofondare nel Mistero,
sei stata svelta a mettere alla porta le cose normali
per fare spazio a un progetto che non ti era chiaro ma ti appariva bello,
perché proveniva da quel Padre che ti amava da sempre e che anche tu amavi follemente.
Piena di trepidazione hai detto il tuo “si”!
Hai scommesso, hai osato, ti sei buttata tra le braccia divine…
Più che capire ti importava sentirti afferrata da Dio…
E nell’istante stesso in cui qualcosa si muoveva nel cuore
le prime cellule si intrecciavano nel grembo…
Inizi di vita e germogli di fede.
Quegli istanti non li hai mai più dimenticati,
sono diventati la tua forza e la tua sorgente.
A ogni tornante difficile sei ricorsa a quel Dio che era diventato un tutt’uno con te
e hai camminato… sempre.
Aiuta anche questo povero figlio a credere che lo stesso miracolo si può ripetere
ogni volta che dico “si” al Padre…
aiutami a fare del mio “si” il vero miracolo…

 

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