La cucina di San Benedetto.

Mani operose si muovono con sapienza nel cuore più interno della Parrocchia di San Benedetto, tra cortile e cortile, nella fucina d’alluminio brillante, abitata da leggiadre vestali, la cucina dalle mille ante e dai grandi fornelli, ove i segreti delle cuoche sono serbati gelosamente e generosamente riversati in quelle prodigiose scodelle trasparenti, colme di colori da ammirare, sigillate di odori da liberare, promesse di sapori da gustare.

E così, ogni sera, tutte le Benedette Serate, un esercito lento e ordinato di grigliati, stufati e insalati cibi, addomesticati nelle placide gamelle, vengono portati su vassoi umilmente gloriosi ai deschi del pubblico che, se ha già mangiato, si pente e scruta invidioso le selvagge libagioni dei vicini saggi che, avvisati, non so’ venuti già magnati.

Buon appetito, tutte le Benedette Serate, a via del Gazometro 23.

 

 

E di sicuro si sentirà anche dal marciapiede.

Di venerdì sera, con dieci euro in mano, mi faccio un birra gelata e una pizza, seduto su qualche marciapiede, in ascolto del mormorio bruno della metropoli.

Ma stasera, pizza e birra me le faccio a San Benedetto al Gazometro. Stasera, nel chiostro, il rumore sordo e bruno della metropoli si fa da parte. Stasera Roma tace nel chiostro. Stasera il chiostro ha da dire la sua e ce le canta e ce le suona.

E di sicuro si sentirà anche dal marciapiede, al 23 di via del Gazometro, perché stasera all’Ostiense, ci sono i Clockers alle #benedetteserate2014, in via del Gazometro, al 23.

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Naufraghi urbani.

Ieri sera un film che fa riflettere, “l’Onda”, stasera un uomo, Andrea Monda, che si fa ascoltare, con densa leggerezza.

Anche stasera mi siederò dunque in un angolo del chiostro, arenato, come naufrago urbano, su quest’isola popolata, in mezzo al deserto affollato di Roma, che sbrana la vita, e sorbirò la mia, di vita, a sorsi lenti, dal generoso calice della Parrocchia di San Benedetto, al sicuro, il corpo abbandonato su una sedia di plastica, lontano da ogni minaccia.

Anche stasera, affronterò il mondo esterno, per trovare riparo, in mezzo a persone che non conosco, ma che mi pare di aver frequentato da una vita. Nessuno di loro mi può far male.

Abbandono il gorgo perfido delle incombenze, per due ore, e mi lascio cullare, mi lascio seminare, come terra arida, bagnata dal fluire di un rivolo di parole calme, da quel palco abitato, in mezzo a questo cortile, in mezzo a questa città.

Calmo.

A San Benedetto se magna, tutte le Benedette Serate.

Per tagliare il prosciutto ci vuole sempre un professionista. Sia se lo tagli a mano che se lo tagli a macchina.

Se il professionista non conosce macchina ruffiana, di sicuro serba un’affilata lama in una custodia dedicata, da cui la sfodera lentamente come una katana. Si arrotola le maniche sugli avambracci allenati, ruota il polso che tiene la lama e con la mano libera accarezza la cotica, in segno di sfida. Con la sinistra afferra imperioso l’osso che spunta dal trespolo e con destrezza inclina il filo d’acciaio in un angolo micidiale, quello e solo quello, che affetta.

Il nipote tecnologico non teme la tradizione e regola il calibro del portentoso marchingegno professionale, la prodigiosa macchina, l’affettatrice. Con un clic preciso accende gli ingranaggi e con fermezza stringe la cotenna, poggiandola con forza sugli aculei acuminati che l’afferrano, affamati. Spinge voluttuoso assaporando il rumore sibilante delle fibre che si separano liberando l’aroma che ci piace, di suino stagionato.

Tutte le sere a San Benedetto al Gazometro, tutte le Benedette Serate.