di Guido Mastrobuono
Con buona pace di coloro a cui il DDL Cirinnà avrebbe dovuto garantire una pensione di reversibilità, stiamo assistendo all’avvio di una campagna politica (e soprattutto mediatica) apparentemente intenzionata a togliere le pensioni di reversibilità a quanta più gente possibile allo scopo di “fare cassa”. (#renziciricorderemo)
D’altro canto, è prontamente iniziata una fragorosa levata di scudi sia da parte delle opposizioni esterne alla maggioranza che da parte delle cosiddette opposizioni interne (e cioè dei gentiluomini che votano a favore ma pensano contro).
Tutto ciò avviene con la provvidenziale amplificazione da parte di organi informativi di gran calibro quali il Corriere della Sera ed il Fatto Quotidiano.
Vorrei, con qualche riga, descrivere la “puzza di bruciato” che si leva dall’intera operazione.
Il taglio delle pensioni di reversibilità non fa cassa
Per prima cosa, è bene rifiutare la tesi che il taglio delle pensioni di reversibilità serva a fare cassa.
Le pensioni di reversibilità sono fondi che vengono quasi immediatamente spesi per la sussistenza.
Ogni volta che questi soldi passano di mano (cioè vengono spesi, guadagnati e tassati) lo Stato se ne prende indietro una fetta considerevole (tra il 20 ed il 50%).
In pratica sono soldi dati alla cittadinanza con un elastico che li fa rimbalzare indietro dopo pochi mesi.
E’ possibile dimostrare che questa spesa non ha nulla a che vedere con l’enorme debito pubblico il quale deriva direttamente dalla scellerata decisione conosciuta come il “divorzio” tra Banca d’Italia e Ministero del Tesoro
- dopo il quale lo Stato ha incominciato a pagare interessi ai privati non appena “mette da parte” i soldi per gli investimenti
- mentre prima pagava le conseguenza dei suoi investimenti parecchio tempo dopo che essi erano avvenuti.
Tant’è vero che ciò viene affermato dagli stessi latori del provvedimento.
«Sia chiaro, tutto questo non ha l’obiettivo di risparmiare risorse ma di rendere più giusta l’assegnazione dei fondi», sottolinea Stefano Sacchi, commissario dell’Isfol oltre che ex consigliere del ministero del Lavoro su questa partita.
fonte Corriere della Sera
Il danno alle vedove
Il danno alle vedove ed agli orfani è innegabile ma è probabile che le fanfare delle (finte ) opposizioni si attiveranno per limitarlo o scaricarlo sulle prossime generazioni.
Ci sarà la levata di scudi ed il governo inizierà a contrattare.
Già sul Corriere (che è l’organo di proprietà di quel potere finanziario che trarrà il maggiore vantaggio dalla situazione) si riportano le precisazioni di palazzo Chigi che, apparentemente terrorizzato da due Tweet e da qualche protesta di rito, si è affrettato a specificare che «se ci saranno interventi di razionalizzazione saranno solo per evitare sprechi e duplicazioni, e riguarderanno solo le prestazioni future, non quelle in essere».
Tutti salvi?
Non proprio.
Esiste il sospetto che questo attacco non riguardi le famiglie del passato, riguarda le giovani famiglie che, alla luce delle difficoltà del mondo del lavoro, potrebbero essere tentate di
- considerare l’eventualità di “tenere a casa” uno dei coniugi
- e scoprire che, in alcuni casi, ciò non rende assolutamente più poveri ed infelici.
L’attacco alla famiglia ed al matrimonio
Perché dedicare tempo e risorse nel taglio di pensioni che non deve avvenire subito e, di conseguenza, non può dare alcun ristoro alle casse dello stato?
Una buona ragione è quella di attaccare e rendere impossibile la famiglia mono reddito.
Già molto è stato fatto.
Per prima cosa gli stipendi sono stati sostanzialmente dimezzati (prima le famiglie si mantenevano con uno stipendio ora ce ne vogliono due).
Poi si è lavorato per rendere più instabili le famiglie (con il divorzio facile).
Ora stanno facendo in modo di aumentare il rischio generato dalla possibilità di morte del coniuge che genera il reddito.
Famiglie mono reddito
Ma guardiamo un attimo la struttura ed il funzionamento di queste famiglie mono reddito.
Invece di essere un’associazione temporanea formata di due individui che dividono l’affitto, il letto e poco altro, la famiglia mono reddito è una squadra formata da due coniugi che si coordinano al fine di ottenere il massimo beneficio dalla spesa di ogni singolo euro.
Uno dei due lavora fuori casa e genera il reddito familiare.
Il secondo coniuge (generalmente la moglie) si confronta con il difficile incarico di far bastare le entrate.
Con gli stipendi attuali, si tratta di un incarico tutt’altro che semplice e secondario: servono infatti doti tecniche, mediche, economiche e di management di alto livello.
D’altro canto, le possibilità di risparmiare (o meglio non farsi derubare ed avvelenare) gestendo con attenzione ed oculatezza
- la manutenzione della casa,
- la gestione, cura ed educazione dei figli,
- la somministrazione degli alimenti,
è possibile affermare che il componente della coppia impegnato in casa è in grado di raddoppiare il beneficio dello stipendio percepito.
Però diminuirebbe la spesa in
- e nel rimpiazzo di beni rovinati dall’incuria.
Inoltre, il lavoratore dipendente che sostiene le famiglie mono reddito si può spostare con maggiore facilità (in quanto il coniuge non è bloccato da un secondo lavoro dipendente) e può accedere a migliori occasioni lavorative.
E questo non piace.
Legame tra famiglia mono reddito ed il matrimonio
Se vogliamo comprendere il rapporto tra il concetto stesso del matrimonio e le famiglie mono reddito, dobbiamo dare un’occhiata al significato del termine.
La parola italiana matrimonio continua la voce latina matrimonium, formata dal genitivo singolare di mater (ovvero matris) unito al suffisso –monium, collegato, in maniera trasparente, al sostantivo munus ‘dovere, compito’.
Il termine si è formato su influsso del preesistente patrimonium.
Dunque matrimonio, rispetto ad altri termini che vengono correntemente impiegati con significato affine, pone, almeno in origine, maggiore enfasi sulla finalità procreativa dell’unione: l’etimologia stessa fa riferimento al “compito di madre”…
(Accademia della crusca)
Quindi il concetto stesso di matrimonio implica la collaborazione di due soggetti: una donna che espleta i “compiti di madre” (cura, tutela, gestione) ed un’uomo che espleta i compiti del pater familias (ottenimento e difesa del patrimonio).
Questo schema è stato duramente contestato durante la rivoluzione dei costumi del 1968.
Un piccolo pezzo di storia della guerra alla famiglia mono reddito
Ultimamente ho scoperto un piccolo pezzo di storia della guerra alla famiglia mono reddito.
Nel 1925, un certo conte Richard Nikolaus di Coudenhove-Kalergi pubblico un libretto intitolato “Praktischer idealismus” nel quale raccoglieva una serie di articoli pubblicati nel quinquennio precedente.
Probabilmente si trattò di un piccolo atto di vanità.
Il libro non fu mai tradotto e venne fatto velocemente dimenticato.
Di nobile famiglia, Kalergi è ricordato da Wikipedia come uomo politico e filosofo anche se, come uomo politico, non ottenne mai nulla.
La sua opera filosofica è talmente importante da fare sì che i suoi libri non vengono nemmeno tradotti.
Però,
- egli è considerato uno dei padri dell’Unione Europea,
- uno dei padiglioni del complesso governativo della UE di Bruxelles porta il suo nome
- ed un premio che porta il suo nome è assegnato agli europeisti che si sono maggiormente distinti nel perseguire il suo “ideale” confederativo e mondialista.
Tra i premiati troviamo Angela Merkel e Herman Van Rompuy.
In realtà, il conte Kalergi fu un abile lobbista mantenuto prima dal barone Ludwig Nathaniel Freiherr von Rothschild, da lui conosciuto per mezzo della loggia massonica “Humanitas” di Vienna, e poi dalla disnastia bancaria Warburg (riconducibile alla banca tedesca di Amburgo (la Banca Warburg) ed alla fondazione della FED (la Federal Reserve statunitense)).
Ok… e cosa centra tutto questo con la famiglia?
In questo libricino, il conte Kalergi propone la fondazione di una società che sostituisse la democrazia con una aristocrazia illuminata (in mano alle grandi famiglie del gotha finanziario mondiale).
Inoltre, egli notò il problema generato dal fatto che, nelle famiglie proletarie, più del 50 % dei componenti (cioè le madri ed i figli) fosse fuori dal mercato della cosiddetta “forza lavoro” ed, in questo modo si sottraeva al potere degli amici finanzieri.
L’attività casalinga è un’attività economica al di fuori del mercato.
Dato che senza il mercato non c’è nulla da comprare, il potere degli usurai ne risulta intollerabilmente limitato.
Per questo motivo, il conte proponeva, per le classi subalterne, di sostituire un tessuto sociale composto da nuclei famigliari con una massa informe di consumatori privi di legami e dotati di sessualità promiscua.
Sarebbe stato infatti più semplice fare sì che ogni aspetto della vita di costoro (nascita, educazione, sessualità, genitorialità, vecchiaia e morte) fosse soggetto al mercato ed, in questo modo, ridotto a merce.
Per fare ciò, il conte propose di effettuare questa rivelazione usando le donne stesse: sarebbe stato sufficiente presentare l’autorità del mercato e dei datori di lavoro come una liberazione dall’autorità del marito.
Ricordiamo che era il 1925.
“Il femminismo è mescolato con l’idea confusa per cui le donne sono libere quando servono il datore di lavoro, ma schiave quando aiutano i mariti”.
(Gilbert Keith Chesterton)
La pensione di reversibilità e la famiglia
Kalergi non era il capo della Spectre, era semplicemente un servitore del potere finanziario che ha pubblicato un libretto di memorie.
Di certo, tra queste memorie, troviamo il suggerimento di eliminare la famiglia monoreddito fondata sul matrimonio in quanto limitava i guadagni ed il potere dell’Aristocrazia Finanziaria del 1925.
Ora,
- sostenuto dai burocrati dell’Unione Europea
- e cioè da gente che considera Kalergi come una sorta di San Tommaso,
- molto sensibile ai problemi delle aristocrazie finanziarie locali ed internazionali,
propone una misura che rende rischiosissimo per le mogli un impegno esclusivo nei suoi “doveri di madre” in quanto la morte dei mariti le priverebbero del patrimonio (e cioè della pensione).
Facendo ciò, il governo nega il fatto che detto patrimonio è stato accumulato grazie al paritario impegno della moglie e, di conseguenza, la pensione di reversibilità non è un sussidio statale ma, al contrario, è la giusta restituzione di soldi guadagnati alla persona che li ha guadagnati.
Tutto ciò contribuisce alla realizzazione della società liquida descritta da Kalergi ed in gran parte già realizzata e/o in fase di realizzazione.
A me sembra abbastanza per dire che la famiglia è sotto attacco e questa manovra è una componente fondamentale di questo attacco.
Quindi, come il DDL Cirinnà, dobbiamo vigilare ed attivarci affinché non ci si limiti a modificare questo provvedimento: bisogna ritiralo in toto.
Inoltre, sarà bene spulciare gli atti di questo governo per vedere se, per caso, non nascondono qualche altra sorpresa.
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