Oggi, su il giornale il Tempo, è uscito un articolo di Ugo Cataluddi che parla della nostra parrocchia.
Noi comunque lo riportiamo integralmente.
05/12/2013 06:03
NELLA CHIESA DELLA «MOVIDA»
«Luce nella notte»: porte aperte per i giovani fino alle 2>
La chiesa San Benedetto al Gazometro è sorta 80 anni fa al centro di un’area storica di Roma, tra Ostiense, Testaccio e Garbatella. La popolazione è molto cambiata rispetto ai tempi della nascita della parrocchia. Allora l’Italgas, i mercati generali, il mattatoio e lo stesso gazometro conferivano un’anima operaia al quartiere. Oggi la composizione è molto più frammentaria. Quelle strutture hanno lasciato spazio alla Terza Università della Capitale e al terziario. Con un pizzico di rammarico don Fabio Bartoli, da un anno alla guida della parrocchia, spiega questa inesorabile evoluzione: «Il quartiere ha ormai almeno tre facce: la prima è quella della terza generazione di quegli operai che lo hanno abitato nel primo Novecento; la seconda sono gli studenti provenienti da tutta Italia; la terza prende forma ogni notte e dà alla zona un’identità totalmente differente rispetto a quella delle ore diurne». In effetti nell’immaginario collettivo il trittico Ostiense-Garbatella-Testaccio è riconducibile alla cosiddetta «movida». Questa frammentazione, secondo Don Fabio, è resa ancor più evidente dalla mancanza (locali notturni a parte) di punti di aggregazione: «Nonostante la notevole estensione – fa notare – in tutta la zona non esiste una piazza». Così la distanza tra le persone tende inesorabilmente ad aumentare. È qui che prova ad entrare in gioco la parrocchia. Don Fabio racconta l’esperienza di «Luce nella Notte». È una sorta di «notte bianca» delle parrocchie romane, coinvolte una alla volta. La 10ª edizione, pochi mesi fa, è toccata proprio alla parrocchia di San Benedetto. In quell’occasione le porte della chiesa sono rimaste aperte fino alle 2 del mattino. Grazie all’aiuto di un gruppo di volontari, molti ragazzi hanno lasciato le zone «calde» della movida per ritrovarsi nelle confortevoli braccia della chiesa, dove trovavano sacerdoti a loro disposizione per la confessione e soprattutto l’assistenza spirituale di don Fabio. Una ragazza senegalese, musulmana, dopo poche parole del parroco, scoppiò in un pianto liberatorio sulle spalle di don Fabio, per lei un perfetto sconosciuto: «Mi raccontò la sua grande preoccupazione per suo fratello che non era riuscito a lasciare il Senegal. Non so cosa faccia ora questa ragazza, ma so che quello fu un incontro fondamentale per la sua vita, e forse anche per la mia. L’attività di ogni parroco è doppia, da una parte bisogna occuparsi di tutto l’aspetto amministrativo della struttura che si gestisce, dall’altra, ovviamente, quello spirituale. Purtroppo il primo aspetto ruba molto tempo al secondo ed è per questo che ho pensato di delegare alcune persone di fiducia a farsi carico delle pratiche amministrative e far sì che io possa dedicare gran parte del mio tempo alla cura dello spirito di donne e uomini che lo richiedono». Ogni giorno a tutte le ore infatti, quando non è impegnato con le celebrazioni liturgiche, don Fabio dedica il suo tempo all’ascolto e al confronto, non solo di fedeli ma di tutte quelle persone che pur non avendo il dono della fede sentono comunque l’esigenza di essere salvate. Don Fabio tiene particolarmente ai 40enni: «È la categoria che ha in mano le redini della comunità, sono i padri di famiglia che si prendono cura dei 40enni di domani. Purtroppo essendo anche i più soli e i più smarriti, sono quelli che stiamo perdendo, e se perdiamo loro, perdiamo il cuore della società».
Ugo Cataluddi